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martedì 13 dicembre 2016

93– Il falso Jahvè. Fine del regno dii Giuda 2

Nel 609 a.C. il faraone Necho, figlio di Psammetico I. si recò in Palestina a ricevere dai suoi vassalli il giuramento di lealtà che gli spettava come nuovo faraone. Anche Giosia fu convocato alla fortezza egiziana di Meghiddo per prestare il giuramento. Durante quel convegno, per oscuri motivi che lo storico deuteronomistico, molto reticente sulla fine ignominiosa del re, lasciò nel vago, Giosia venne ucciso. Così Israele si trovò nuovamente schiavo dell'Egitto, nonostante la sua ritrovata fedeltà al suo unico Dio e, come al tempo di re Ezechia, ancora una volta la teologia deuteronomistica a causa della latitanza, o meglio, del tradimento di Jahvè, si rivelò vana.
Nel 605 a.C. Nabucodonosor, nuovo re di Babilonia, sconfisse in Siria l'esercito egiziano e conquistò le ricche città filistee, abbandonate dagli egiziani e rivolse le sue mire anche al Regno di Giuda. Nel 598 a.C. circa, mentre regnava il giovane Geconia, Israele, abbandonato dagli egiziani e privo di ogni protezione, fu travolto: la città santa saccheggiata, la famiglia reale, i ministri, i sacerdoti, le persone ricche, gli artigiani e i soldati deportati a Babilonia. Non tutto il popolo dunque, ma la sua élite; i ceti inferiori della società ebraica restarono invece in Palestina.

Pochi anni dopo ci fu una seconda e più crudele occupazione a causa di un'insurrezione tentata dal re Sedecia, messo sul trono dai babilonesi. E questa volta Gerusalemme fu rasa al suolo col suo Tempio e il resto dell'élite deportata. L'ultimo re di una dinastia che aveva regnato per secoli fu torturato e imprigionato a Babilonia, i suoi figli furono tutti uccisi. La stirpe di David cancellata per sempre. Ma la religione e l'esistenza come nazione del popolo d'Israele, nonostante la catastrofe e la latitanza di Jahvè, sopravvissero miracolosamente. Ciò fu dovuto al fatto che ormai il gruppo "per l'unità di Jahvè" si era affermato definitivamente e si era diffuso in tutti gli strati della popolazione di Giuda, ma soprattutto perché, sotto la regia di Giosia, era nata la Bibbia, il manifesto ideologico fondamentale, il punto di riferimento che compendiava tutte le istanze teologiche, storiche e sociali degli israeliti.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)