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venerdì 2 dicembre 2016

90– Il falso Jahvè. La nuova "Legge" 1

Col Deuteronomio, il libro che re Giosia aveva dichiarato di aver rinvenuto nel Tempio di Gerusalemme durante un inventario ma che, secondo l'eminente storico israeliano Mordechai Snyder della Hebrew University di Gerusalemme, fu invece composto per ordine del re stesso, forse a partire da una varietà di fonti preesistenti oppure ex novo, la storia ebraica e le leggi attribuite a Mosè furono riscritte secondo il punto di vista della teologia sostenuta dal gruppo dell'unicità di Jahvè.
Questo testo, pur facendo parte del Pentateuco, si differenzia nettamente dai libri di Genesi, Esodo, Levitico e Numeri che lo compongono, e si accosta invece ai libri storici di Giosuè, Giudici, Samuele e Re coi quali forma la cosiddetta Storia Deuteronomistica.. Nonostante finisca col resoconto della morte di Mosè, la paternità mosaica di questo testo rimane un articolo di fede per gli ebrei ortodossi quasi che Mosè avesse collaborato alla sua stesura anche post mortem.
Il libro segue le direttive imposte da Giosia nel 622 a.C. e afferma alcuni principi che sono talvolta in disaccordo con gli altri libri del Pentateuco. Ad esempio, il Deuteronomio è il solo libro del Pentateuco che affermi di contenere le "parole del Patto» che tutto Israele deve seguire" (29,8); che proibisca i sacrifici al di fuori del "luogo che il Signore vostro Dio sceglierà" (12,5), cioè il Tempio di Gerusalemme, mentre gli altri libri del Pentateuco li consentivano presso gli altari che si trovavano negli alti luoghi; è l'unico libro che imponga il sacrificio pasquale nazionale in un santuario nazionale (16,1-8) (sempre il Tempio di Gerusalemme); infine, è l'unico a definirsi il codice definitivo della Legge che Dio ha dato a Mosè sul Sinai, la cui osservanza era obbligatoria per garantire la sopravvivenza del popolo d'Israele.
Il libro richiama i trattati coevi ittiti e assiri fra re e vassalli, laddove tratta dell'Alleanza tra Jahvè e il popolo ebreo. Infatti, segue pedissequamente questi trattati nel decretare i principi generali da rispettare e tutti gli obblighi ad essi inerenti, con annessa una lista di premi e punizioni. L’obbedienza incondizionata ai comandamenti di Dio e alle seicentotredici leggi della Torah sono considerati il motivo fondamentale che giustifica la sopravvivenza del popolo ebraico.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)