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martedì 21 luglio 2015

71- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta. Incolmabile differenza tra il Dio biblico e quello cristiano.

Abbiamo visto in precedenza che col secondo Concilio ecumenico del 381 anche lo Spirito Santo ottenne la divinità piena, cioè l’identità di sostanza fra Dio Padre e il Figlio. E così il dogma della Trinità fu aggiunto al credo niceno-costantinopolitano e divenne una pietra miliare della nascente Chiesa.
In base a questo assurda dottrina, il Dio biblico, ritenuto dagli ebrei, con fanatica determinazione, l'unico Dio dell'universo, si è scisso, per far posto al figlio Gesù, in in tre persone distinte: il Padre (il vecchio Jahvè), il Figlio (Gesù Cristo) e lo Spirito Santo (per i Pneumatomachi, il Dio nipote).
Queste due ultime persone sono del tutto sconosciute nella Bibbia ebraica e mai in essa si accenna a loro. Possiamo pertanto considerarle un'invenzione della nostra Chiesa. Ora se mettiamo a confronto il vecchio Dio dell'Antico Testamento, cioè il biblico Jahvè degli ebrei, col Padre Eterno ereditato dai cristiani, scopriamo che fra di essi la differenza è così grande da apparire incolmabile.
Il Dio biblico garantiva esclusivamente la sopravvivenza materiale di Israele in cambio della sua fedeltà, aiutandolo a vincere i nemici e consentendogli di vivere imperituro in una specie di Regno di Dio in Terra. La sua era una protezione prettamente terrena e non considerava la redenzione spirituale dell'uomo, in quanto per gli ebrei la morte segnava la fine di tutto e non c'era un al di là in cui l'anima avrebbe seguitato a vivere.
Il Dio cristiano segue un principio totalmente opposto: il suo compito non è quello di tutelare la sopravvivenza materiale di un popolo ma di promuovere il bene spirituale di ogni singolo individuo, facendogli guadagnare la vita eterna nell'aldilà.
Una differenza assoluta che non giustifica la derivazione del nostro Dio cristiano dal Dio biblico. Ma sebbene il Dio cristiano si riveli nel Nuovo Testamento un Dio-Signore che si cura, con infinito amore, delle sue creature, mentre Jahvè nella Bibbia si manifestava geloso e vendicativo col suo popolo, in realtà entrambe queste due divinità sono estremamente crudeli, anche se in modo diverso. Secondo la Bibbia, Jahvè castigava il suo popolo, quando ricadeva nell'idolatria o violava la Legge, infliggendogli calamità di ogni genere: guerre, schiavitù, invasioni, malattie e morte.
Il Dio cristiano, inventato da Paolo ed ereditato dalla Chiesa, non entra nelle vicende terrene, con premi o punizioni, ma interviene solo dopo la morte dell'individuo per giudicare il suo operato. In caso positivo, lo premia col paradiso; in caso negativo con le pene eterne dell'inferno.
Il castigo dell'inferno non ammette redenzione ed è la forma più spietata di punizione divina mai immaginata da nessun'altra religione.
Talmente spietata che per molti credenti è ritenuta "un assurdo morale" e rappresenta la negazione di Dio stesso in quanto gli attribuisce sentimenti di odio e di vendetta, assolutamente incompatibili con un Essere Supremo, considerato sommamente giusto e misericordioso e che sempre ama, perdona e riconcilia. Un Dio giudice inappellabile nega quindi categoricamente che “Dio sia un Padre infinitamente buono e misericordioso", come predicano i Vangeli, e contrasta col Gesù evangelico che invitava i suoi discepoli a perdonare settanta volte sette, cioè sempre. Da quanto sopra esposto risulterà lapalissiano a chiunque usi un briciolo di razionalità che sia il Dio biblico che quello cristiano sono stati creati dall'uomo a sua immagine e somiglianza, cioè con tutte le meschinità e le bassezza della nostra specie. Come è possibile, altrimenti, giustificare il comportamento violento, geloso, vendicativo, tirannico e intollerante di Jahvè e la spietata condanna al castigo eterno del nostro Dio trino?


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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)