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venerdì 25 gennaio 2013

La derivazione pagana dell’attesa della fine del mondo nella Comunità cristiana primitiva.8


L’attesa della prossima fine del mondo non era specificamente cristiana, anzi
coincideva nei suoi tratti fondamentali con l’escatologia tardo-giudaica
la quale non fu senza influssi di altre religioni, avendo accolto in sè antichissimi miti orientali, soprattutto iranici, ma anche babilonesi ed egizi. In Iran, Babilonia ed Egitto l’idea d’un Signore divino che in veste di
Salvatore sarebbe venuto a portare una sacra fine dei tempi era conosciuta e molto diffusa.

Zarathustra (fra il 1000 e il 600 a.C.), parlò dell’imminente Regno di Dio come Gesù, e si aspettava la realizzazione di tale regno già durante la sua vita. E allorquando tale speranza andò delusa, i suoi seguaci non l’abbandonarono, come avverrà esattamente per i discepoli di Gesù.
Simili concezioni erano penetrate nel Vecchio Testamento come idee messianiche. Il profeta Isaia attendeva il Salvatore dalla stirpe di Davide.

Anche la credenza dei Farisei nella resurrezione dei morti, assunta poi dai cristiani, non era di origine giudaica, e appare per la prima volta nel profeta Ezechiele, che conosceva anche le visioni escatologiche straniere e scrisse, non a caso, durante la schiavitù babilonese. Negli ultimi secoli prima di Cristo la fede nella fine imminente fu continuamente testimoniata nel Giudaismo. I Profeti la preconizzarono insistentemente per la propria generazione o, in ogni caso, per un futuro immediato.

Gli Esseni profetizzarono la catastrofe del mondo per la generazione presente, in modo del tutto analogo a quanto faranno poi i Vangeli: si presentarono come «l’ultima generazione», ritenendosi «alla fine dei giorni» . Anche le Apocalissi tardo-giudaiche annunciavano l’attesa della prossima fine del mondo, i suoi terrori e le sue promesse a partire dal II secolo a.C. Le più significative furono i libri di Daniele (redatti intorno al 160 a.C. e accolti nel corpus biblico), di Henoch e di Baruch.

Gesù si trova inserito fra loro, limitandosi a proseguire l’apocalittica tardo-giudaica: sia nel contenuto che nella forma. Egli fu influenzato dal libro di Daniele, e ancor più da quello di Henoch, una scrittura piena di miti antico-persiani e greci, che si ritrova ancor oggi nella Bibbia abissina e che viene citata anche nel Nuovo Testamento. Non poche parole di Gesù potrebbero apparire citazioni quasi letterali.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)