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venerdì 11 aprile 2014

Periodo persecutorio di Paolo di Tarso. 130

Paolo entra in scena non molto dopo la crocifissione di Gesù e si presenta subito come un fanatico agente dei sadducei, partecipando attivamente agli attacchi contro i nazirei di Gerusalemme. Gli Atti (22,4; 8,3; 26 e sgg.) ce lo presentano come uno spietato persecutore dei cristiani ellenisti e testimone, non occasionale, della lapidazione di Stefano, il protomartire cristiano, e lui stesso nelle sue Lettere lo conferma senza mezzi termini.

"Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri" (Galati 1,13-14). "[Paolo] infuriava contro la Chiesa ed entrando nelle case prendeva uomini e donne e li faceva mettere in prigione" (Atti 7,3). E ancora: "Sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, [Paolo] si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne seguaci della dottrina di Cristo, che avesse trovati" (Atti 9,1-2). Gli Atti degli Apostoli, qui citati, evocano icasticamente l’immagine di un Paolo, sgherro fanatico dei più accaniti, ma forse questa immagine è stata caricata per far apparire ancora più grandioso il miracolo della sua conversione; si tratta, quindi, di un’esagerazione tendenziosa, se non addirittura di una leggenda.

Lo scopo di tanto accanimento da parte di Paolo era di bloccare sul nascere il messianismo jahvista dei primi cristiani, foriero di tremende catastrofi. Non era quindi una persecuzione religiosa ma politica. Paolo era fermamente convinto che i sommi sacerdoti, che desideravano mantenere lo status quo, esprimessero il volere di Dio, mentre gli zeloti e i messianisti in genere, che volevano sconvolgere tutto, erano dei pazzi criminali che andavano eliminati e magari crocifissi. Egli era fin troppo felice di dar loro la caccia con feroce determinazione. Dobbiamo tener presente che i cristiani di quel particolare momento storico non erano dei pacifisti, come diverranno i gentili convertiti successivamente da Paolo, bensì dei giudei messianisti legati agli zeloti, aspiranti alla rinascita del Regno di Jahvè e alla cacciata dei romani.

Ma un fatto nuovo, straordinario e sovrannaturale (secondo la sua testimonianza), cambiò all'improvviso la sua vita (36 d.C.?). Quest'evento viene raccontato pittorescamente in versioni diverse, due volte nelle sue Lettere ( Galati 1,15; 1 Cor. 9,1; 15,8) e tre negli Atti (Atti, 9,3-9; 22,6-11; 26,12-18), ma ogni volta in maniera stringatissima e sempre allo scopo di rafforzare la propria autorità di Apostolo (Gai. 1, 15; 1 Cor. 9, 1; 15, 8), contestata a Gerusalemme.

La descrizione pittoresca dell’evento in tre versioni ogni volta diverse ha sollevato molti dubbi sulla sua veridicità da parte della storiografia critica. Ma la storiografia cattolica lo ritiene fermamente veritiero e pretende anche di sapere che l’accadimento meraviglioso si è svolto nel volgere di «secondi», e nel VI secolo si era già in grado di precisare con esattezza anche il luogo: presso la seconda pietra miliare prima di Damasco.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)