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venerdì 25 aprile 2014

Sul nome, l'origine e la professione di Paolo 124

Circa il nome, le origini, la professione, l'aspettofisico e lo stato civile di Paolo di Tarso, quel poco che sappiamo lo deduciamo dagli Atti e dalle dalle sue Lettere. L’apostolo non assunse il nome di Paolo soltanto in occasione della sua conversione; probabilmente portava da sempre un duplice nome, l’ebraico Saul e il romano Paulus. In realtà, i giudei della diàspora portavano spesso due nomi, quello giudaico e quello greco.

Per altro, l’usanza di cambiar nome nel caso di conversione o iniziazione era normale sia nel giudaismo che nel paganesimo, trapassando poi anche nel cristianesimo. Già Simone riceve da Gesù il nome di Pietro al momento della sua chiamata (Mc. 3, 16; Lc. 6, 14); in seguito saranno cambiati i nomi di martiri e di santi, e ancor oggi quelli di suore e frati all’atto della monacazione. Il cambiamento di nome dei Papi ha origini profane: avvenne per la prima volta con Sergio IV (1009-1012), il cui cognome, Bocca di Porco, parve poco adatto alla carica papale.

Circa la sua origine leggiamo negli Atti:
«Sono giudeo, nato a Tarso in Cilicia, cittadino di una città che non è senza fama» (At 21, 29; cf At 22, 3). Situata nell’attuale Turchia centro-meridionale, allora Tarso era capitale della provincia romana della Cilicia, centro culturale-sociale-politico molto ambizioso e dalle connotazioni religiose in parte orientali e in parte ellenistiche. La sua famiglia era ebrea della tribù di Beniamino (cf. Rom 11,1) e apparieneva alla locale colonia della diaspora ”dispersione d’Israele” che annoverava circa tre milioni di ebrei sparsi per l'intero impero romano..

La sua nascita è presunta agli inizi dell’era cristiana, tra il 7 e il 10 d. C., calcolando che Paolo stesso si dichiarava «vecchio» nel biglietto scritto a Filemone verso il 63 d. C., ed era «un giovane» (At 7, 58) quando venne lapidato Stefano, circa il 35-36 d. C.

Paolo esercitava il ruvido mestiere di lavoratore del cuoio,per costruire tende o altri oggetti (cf At 18, 3) per l'esercito romano. Quest'arte gli era stata probabilmente trasmesso dal padre. L’apprese tra i 13 o i 15 anni, giusto il detto rabbinico: «Chiunque non insegna a suo figlio un lavoro, gli insegna ad essere ladro». Paolo parlerà spesso del suo lavoro manuale, che durava «notte e giorno»: «Vi ricordate, fratelli, l’arduo lavoro e la fatica nostra» (1Tess 2, 9; cf anche 2Tes 3, 8; 1Cor 4, 12; 2Cor 11, 27). Questo gli permetterà di non gravare sulle sue Chiese per provvedere ai bisogni economici personali e dei collaboratori (cf At 20, 34; 1Tes 2, 9; 1Cor 4, 12; 9, 7-15; 2Cor 12, 13-14).



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)