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martedì 11 agosto 2015

77- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quinta. I dogmi. 1

Dopo Costantino, la Chiesa istituzionalizzata e vincente si trovò ad affrontare tutta una serie di problemi che derivavano dal continuo proliferare di ideologie, spesso contrastanti, riguardanti le sue origini e la sua dottrina. Dovette perciò elaborare un criterio di verità che non sarebbe dipesa, come per l'Antico Testamento, dai dati storici (gli avvenimenti biblici), ma sarebbe discesa direttamente della sua autorità, attraversi i vescovi. Una verità di fede, quindi, prodotta e sancita dalla gerarchia ecclesiastica per mezzo di continue e sempre più complesse elaborazioni teologiche, a seconda delle esigenze determinate dall'espansione dell'ortodossia. Ad elaborare questa verità di fede furono proposti esclusivamente i vescovi, mentre i fedeli ne furono del tutto esclusi.
Ben presto le verità emanate dalla gerarchia si tramutarono in dogmi, cioè in verità considerate rivelate, di diretta emanazione divina, assolute e indiscutibili, e furono imposte senza la possibilità di essere modificate. Chi le contrastava diventava, ipso facto, eretico con tutte le conseguenze che ne derivavano: esilio, confisca dei beni e talvolta anche la pena di morte.
I dogmi hanno riguardato tutti gli aspetti dell'ortodossia cristiana e hanno determinato la nascita di invenzioni teologiche che non discendono dalla Bibbia, da Gesù o dagli apostoli, ma soltanto dalla Chiesa. Vengono proclamati, infatti, da un concilio (assemblea di vescovi) o dal papa in prima persona, e impegnano tutti i cristiani a credervi per fede
I principali dogmi riguardano la trinità, la divinità di Gesù, l'esistenza dell'aldilà, l'infallibilità del papa, la Madonna e l'esistenza degli angeli. Prenderemo qui in esame, come esempio, i dogmi che sono alla base del culto mariano e dell'aldilà.
La madre di Gesù non fu mai oggetto di culto o di venerazione presso gli apostoli, né tanto meno per Paolo che nelle sue Lettere (i più antichi documenti del Nuovo Testamento), senza mai nominarla nemmeno per nome, la considerò una “donna” come tutte le altre, dichiarando che Gesù era “nato da donna” (Galati 4,4). Mai gli apostoli e Paolo, quindi, affermarono che la madre di Gesù fosse vergine e che suo figlio fosse stato concepito da seme divino. In un Vangelo siriaco assai antico, l’attuale versetto di Matteo 1,16 che recita: “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo”, recita invece “A Giuseppe, al quale la fanciulla era fidanzata, essa generò Gesù” (Nestle, Novum Testamentum graece et germanice, Matteo 1,16).
In base a questo antichissimo documento, quindi, Giuseppe è il padre di Gesù, Maria non è vergine e neppure sposata quando lo genera. Per noi, oggi Gesù sarebbe nato da una ragazza madre o da una coppia di fatto.
Matteo e Luca nell’annunciazione ci fanno sapere che un angelo informa sia Giuseppe sia Maria della prossima venuta di un figlio divino (Matteo 1,20 sgg.; Luca 1,26 sgg.). Ma quando Gesù inizia la sua attività pubblica, Maria sembra ignorare del tutto le parole dell'angelo e, assieme agli altri suoi figli, tenta di ricondurre Gesù a casa con la forza, ritenendolo fuori di senno (Marco 3,20-21).
Tertulliano, di fronte ad un fatto così incredibile, rinfaccia Maria di non aver creduto al Cristo (Tertulliano, De carne Christi 7). Infatti quest’episodio ci fa comprendere che l’annunciazione è una favola posticcia. Fino al III secolo non solo si ignorava la perenne verginità di Maria ma tutti i Padri della Chiesa, come ad esempio Ireneo e Tertulliano, erano convinti del matrimonio effettivo di Maria e di Giuseppe. La divinizzazione di Gesù, iniziata con Paolo e imposta per volontà di Costantino nel Concilio di Nicea del 325, determinò tutta una serie di implicazioni dottrinali, riferite a Maria, che, progressivamente, diedero inizio verso il IV secolo al culto mariano.
Poiché Gesù, divinizzato come figlio di Dio, era stato partorito da una donna, bisognava assegnare a questa sua madre terrena delle caratteristiche, se non divine, almeno semi-divine. Il primo passo fu di considerare il concepimento di Cristo opera di Dio e non di uomo.
Ecco allora l’inserimento, nei Vangeli di Luca e di Matteo, verso il IV secolo, dell’annunciazione, ignorata dagli altri due evangelisti e ritenuta dubbia da Girolamo, autore della Vulgata. A compimento di questo primo passo, nel 431 d.C., con il concilio di Efeso (convocato dall’imperatore Teodosio I), alla Madonna venne attribuita ufficialmente la qualifica di Deipara, e cioè di madre di Cristo inteso come Dio e come uomo, superando le molte perplessità di quanti ritenevano improponibile, per non dire blasfemo, che un essere umano potesse essere la madre di un Dio.
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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)