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giovedì 6 agosto 2015

Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto, solo a parole, la libertà di religione. 224

Nel battesimo somministrato nella prima infanzia, la volontà del neonato non può mai venir surrogata da quella dei genitori o del padrino, dato che la legge impedisce ai genitori l'iscrizione dei propri figli a un sindacato, a un partito, o ad una qualsiasi altra associazione. Iscrizione, si badi bene, che è pur sempre revocabile, mentre l'adesione al cattolicesimo si propone come irrevocabile e indelebile.

Il bello è che la Chiesa, con il Concilio Vaticano II, ha riconosciuto il diritto alla libertà di religione. Ma solo a parole. Infatti se fosse veramente rispettosa di questa libertà dovrebbe battezzare soltanto chi ha raggiunto la maggiore età e per tutti coloro che sono stati battezzati ancora in fasce, e quindi incapaci di intendere e di volere, di confermare l'accettazione di questo sacramento con la cresima o confermazione, dopo compiuti i 18 anni. In caso di rifiuto, considerare il battesimo nullo. Invece la cresima viene fatta in tenera età per impedire, ipocritamente, ai battezzati di poter disconoscere il battesimo ricevuto a loro insaputa e che la Chiesa considera un marchio indelebile che in nessun caso il cristiano può togliersi.

Il catechismo della Chiesa cattolica (n. 1267 e 1269) recita, infatti, che il battesimo «incorpora alla Chiesa» e «il battezzato non appartiene più a se stesso perciò è chiamato a essere “obbediente” e “sottomesso” ai capi della Chiesa». Qualora non lo sia, le autorità ecclesiastiche sono giuridicamente autorizzate a “richiamare” pubblicamente il battezzato.

Nel 1958 il vescovo di Prato definì “pubblici peccatori e concubini” una coppia di battezzati, sposatasi civilmente. La coppia intentò causa al vescovo per diffamazione e la perse perché, essendo essi formalmente cattolici, anche se battezzati a loro insaputa, continuavano ad essere sottoposti alla sua autorità.

Ogni prelato può, quindi, permettersi esternazioni denigratorie od ostili nei confronti dei battezzati che non si mostrano ligi alla Chiesa, come: infliggere la scomunica, rifiutare i sacramenti, il funerale religioso (vedi il caso Welby) e così via. L'accusa di concubinaggio non è più pubblicamente denunciata dalla Chiesa solo perché i matrimoni civili e le coppie di fatto sono divenute ormai un costume sempre più diffuso e incontrollabile.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)