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venerdì 21 luglio 2017

Peccato e redenzione n.2


ll mito biblico del peccato originale

I tre monoteismi (ebraismo, cristianesimo e islam) che da secoli affliggono gran parte dell'umanità e che sono la causa dei massimi conflitti mondiali dei nostri giorni, discendono dai primi libri della Genesi biblica che narrano la creazione del mondo e dei nostri presunti progenitori Adamo ed Eva.

Si tratta di una antichissima leggenda sumerica, che troviamo descritta nel "Cilindro della tentazione" (conservato al British Museum di Londra), risalente a ben 20 secoli prima che venisse redatta la Bibbia, e alcuni secoli prima che nascesse Abramo, il millantato progenitore del popolo ebraico, nonché il presunto fondatore del monoteismo.

Questa mitica leggenda, inserita nel VI secolo a.C. nella Bibbia ebraica durante l'esilio di Israele a Babilonia, contiene tutti gli elementi fondamentali del racconto biblico, salvo il cambiamento dei nomi e del Dio creatore, qui chiamato Marduk. Dopo il suo inserimento nel sacro testo ebraico si è tramutata per gli israeliti in parola di Dio e tale è rimasta fino ai nostri giorni.

Ma come è potuta nascere una leggenda simile? Senz'altro come risposta mitica al problema fondamentale che assillava l'uomo antico, cioè l'origine del male, delle sofferenze e della morte. Ed ecco, allora, il nostro antenato preistorico, prima inventare un qualche Dio creatore dell'universo e dell'uomo, e poi, con l'escamotage della disobbedienza fatale ad una proibizione divina, giustificare l'ingrato destino riservato all'uomo, contraddistinto da fatiche e sofferenze di ogni genere, per concludersi inesorabilmente con la morte. È significativo che anche la mitologia greca ricorra ad un mito, quello del vaso di Pandora, per dare una spiegazione dell'origine del male. Pandora, disobbedendo all'ordine di Zeus, apre per curiosità il vaso fatale contenente tutti i mali della Terra, compresa la morte, e subito essi fuoriescono e invadono il nostro pianeta. Solo che una spiegazione così infantile dell'origine del male e della morte, come ci propone il mito biblico, giustificabile in ere primordiali in cui l'umanità era priva di ogni conoscenza scientifica e viveva immersa nel favoloso, viene considerata autentica anche ai nostri giorni da milioni di cristiani, spesso con tanto di laurea in tasca, nonostante gli enormi sviluppi della cultura e della scienza e la massa sterminata di reperti fossili, geologici e paleontologici che la rinnegano totalmente.

Ancor oggi i più incalliti creazionisti credono, con sicumerica certezza, al mitico vasaio che modella la statuina di creta di Adamo e le soffia in viso l'alito della vita, ciò a dimostrazione che l'homo sapiens incontra tuttora grossi problemi con la sua razionalità. Nessuno di essi coglie la contraddizione tra l'evoluzionismo, oggi accettato incondizionatamente dalla scienza, e la favola biblica della creazione. Nessuno si pone il problema di conciliare Adamo col nostro antenato australopiteco con caratteristiche scimmiesche. Eppure l'uno esclude decisamente l'altro, solo che l'australopiteco, vissuto quattro milioni di anni fa, è una certezza scientifica che nessuno può mettere in dubbio, perché ci ha lasciato i suoi resti fossili, Adamo, invece, è pura mitologia


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)