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venerdì 8 febbraio 2013

Anche l’intera cristianità primitiva rimase delusa 12


I seguaci di Gesù, in primis gli apostoli, trascorsero i giorni successivi alla sua morte in una tensione febbrile, in attesa del suo ritorno in carne e ossa dalle nuvole e della fine del mondo. Che attendessero imminente il ritorno del Signore, cioè la Parusia, ce lo attestano non solo singoli passi delle Epistole di Paolo, dei Santi Pietro e Giacomo e dell'Apocalisse, ma anche la produzione letteraria dei Padri della Chiesa e la vita della primitiva collettività cristiana.

«La fine di ogni cosa è vicina» preannunciava la Prima Lettera di Pietro (4,7) e la Lettera agli ebrei ammoniva: «Ancora un poco, infatti, un poco appena, e colui che deve venire verrà, e non si farà aspettare» (10,37). E Giacomo: «Siate dunque pazienti, cari fratelli, fino alla venuta del Signore... Il giudice è alle porte» (5,7: 5,9). Il mancato ritorno di Gesù e la continuazione della storia arrecarono difficoltà enormi ai capi cristiani, specie in età apostolica o immediatamente post-apostolica, benché ce ne siano state tramandate scarsissime notizie. Paolo nella sua prima Lettera indirizzata ai Tessalonicesi dovette affrontare la grave delusione per il ritardo dell'arrivo del Risorto, ritenuto imminente da tutti i credenti e anche dallo stesso Paolo.

L'attesa spasmodica dell'imminente ritorno aveva creato delle situazioni paradossali; molti, infatti, avevano venduto tutti i loro averi per essere liberi da preoccupazioni materiali, e abbandonata ogni tipo di attività, erano scivolati in un ozio pernicioso nell’attesa imminente del Risorto.

Paolo, che già cominciava a nutrire seri dubbi sulla Parusia dovette usare tutta la sua forza persuasiva per convincere i suoi seguaci che la Parusia poteva anche tardare, secondo i piani imperscrutabili del Signore, e per invitare tutti ad attendere alle normali occupazioni della vita, rifuggendo dall'ozio malefico. Comunque per tutto l'intero II secolo rimase costante l’idea del prossimo ritorno di Gesù, come provano tutte le fonti cristiano-antiche, interne o esterne al Nuovo Testamento, e anche nel III secolo il Padre della Chiesa Cipriano sostenne con estrema decisione l’imminente ritorno del Signore. 

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)