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venerdì 15 febbraio 2013

Le contorte spiegazioni teologiche sulla mancata Parusia. 14


Ma perché il Cristo non arrivava? Come mai quel futuro tanto radioso ritardava? In molti documenti, con imbarazzate contorsioni teologiche, i fedeli venivano esortati continuamente alla pazienza Si rinnovava ripetutamente la promessa: la fine è assai prossima, presto giungerà il Signore! Goethe ha ironizzato su questa credenza nel frammento dell’Ewiger Jude: «I preti urlavano in lungo e in largo: ecco, arriva il tempo estremo, pentiti ormai, schiatta peccaminosa. Disse l’Ebreo: non me ne do pensiero,da troppo sento parlar dell’Ultimo Giudizio».

Allorché la crisi divenne più acuta, e sempre più fitti si fecero i dubbi i cristiani cominciarono a rispondere«L’abbiamo sentito dire al tempo dei nostri padri, ed ecco, siamo diventati vecchi, e nulla di tutto ciò si è realizzato» (Clemente 23, 3) la nascente Chiesa cattolica, ormai consolidata e mondanizzata, per giustificare la mancata Parusia, e salvare capra e cavoli, si appoggiò al Salmo 90,4 che recita: “Ai tuoi occhi (Signore) mille anni sono come il giorno di ieri che è passato”. Si cominciò allora ad affermare addirittura che tutto il tempo intercorrente fra la creazione e la fine del mondo era per Dio soltanto un giorno; l’indugio, poi, non ad altro era dovuto se non alla magnanimità del Signore.

Questa spiegazione non era nuova: infatti, già per gli Esseni, che vissero nell’attesa della prossima fine, il ritardo venne giustificato, sostenendo che «i misteri di Dio sono mirabili»,«la fine ultima si procrastina da un giorno all’altro, e ancora manca qualcosa al compimento di tutto ciò che i profeti hanno detto... Se indugia, aspetta, chè di certo arriva, e non potrà mancare».

Intorno al 150 Giustino, l’apologeta più importante del Il secolo, esorta gli ebrei con queste parole «Vi resta ancora poco tempo per unirvi a noi; dopo il ritorno di Cristo non avranno più alcun valore né il vostro pentimento né il vostro pianto».Anche per lui il ritardo della fine non è che la manifestazione della bontà di Dio. Tra le argomentazioni più assurde per giustificare la Parusia mancata ci fu anche quella che Dio aspettava che la Chiesa crescesse prima di annientare il mondo o che ancora non erano nati tutti gli uomini che dovevano essere salvati.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)