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martedì 23 luglio 2013

Augusto: Messia, Redentore, Figlio di Dio. 59

Sulla scia del culto di Cesare ben presto il culto dell’imperatore fu l’unica religione capace di accomunare tutte le popolazioni del vasto impero romano. La celeberrima Egloga Quarta di Virgilio, composta intorno al 40 a.C. preannunciava la nascita di un bambino inviato dal cielo sulla terra, per portare la pace tanto desiderata. «Il tempo è ormai giunto - si legge nella poesia - già regna Apollo... Verrà generato un figlio dell’altissimo Signore». E nel suo poema l'Eneide il poeta latino aggiunge: Questo è l’uomo, è questi colui che da molto tempo fu promesso dai padri, Cesare Augusto, Figlio di Dio e apportatore dell’Età dell’oro. (Virgilio, Aen. 6, 791).

Al culto dei Cesari si collegarono, dunque, concezioni di ampia portata, raccolte poi dal Cristianesimo: l’idea della fine dell’antico male e dell’inizio di una nuova età felice, l'tà dell'oro, e il concetto che nel sovrano s’incarnasse la divinità, il Redentore e Signore.

Così accadde che Augusto (27 a.C. - 14 d.C.) venne adorato come un dio molto più di Cesare, benché tollerasse malvolentieri tale devozione. Gli si attribuirono parecchi miracoli, a lui furono innalzati splendidi templi e ben presto il suo culto mise in secondo piano gli altri riti religiosi.

La famosa iscrizione di Priene  (straordinaria città fra Efeso e Mileto, nell’odierna Turchia)  risalente al 9 a.C., e nella quale troviamo due volte la parola "Vangelo" poi adottata dal cristianesimo, afferma che il mondo sarebbe precipitato nel nulla senza la nascita di Augusto, che recò agli uomini tutti una comune felicità, a tutti la lieta novella, l’Evangelo, con la quale avrebbe avuto inizio una nuova era. L’imperatore appare come il Salvatore inviato da Dio, e nessuno potrà essere di lui più grande. Questa iscrizione lo esalta quale «Redentore dell’intero genere umano, la cui Provvidenza non soltanto esaudì le preghiere di tutti, ma addirittura le superò».

Perfino nella Palestina erodiana il culto di Augusto fu massicciamente presente. Erode battezzò col suo nome alcune città, fece costruire in suo onore un tempio e una cappella, e il suo cancelliere e storico di corte Nicola Damasceno scrisse un’esaltante biografia dell’imperatore, che potrebbe essere letta come un testo evangelico.

Infatti il culto di Augusto si diffuse molto prima di Roma nella parte orientale dell’Impero, ove le popolazioni, piene di entusiasmo religioso, iniziarono per prime la costruzione di altari e di templi in onore dell’imperatore. Soltanto nel corso del I secolo anche l’occidente più scettico accolse il nuovo culto, circondando il Sovrano (e da vivo e da morto) con un’aura.di divinità le cui visite furono celebrate come la «manifestazione, l’Epifania o la «Parusia», di un dio.

Il culto dell’imperatore, col quale Augusto veniva adorato come Messia e Redentore dell’Impero Romano, come Benefattore e Salvatore dell’Umanità, come Luce del mondo e Figlio di Dio, non fu in nessun caso ina mera espressione della fedeltà dei sudditi o di adulazione cortigiana; al contrario, esso fu in massima parte la manifestazione della devozione propria del tempo, che rispondeva al sentimenti religiosi e alle aspettative del popolo. È pur vero che continuò a persistere il culto statale degli antichi dèi, ma sottotono, come nella consapevolezza del loro declino.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)