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venerdì 17 gennaio 2014

L’amore verso i nemici predicato da Gesù. 106

Quando nei Vangeli si dice di amare i nemici e di porgere l'altra guancia, ci si riferisce ai nemici personali, cioè a quelli che vivono nell'ambito della comunità, non mai ai nemici esterni, a quelli cioè del popolo d'Israele, come gli oppressori romani, e tanto meno ai nemici di Jahvè, i pagani in genere. Tutti costoro dovevano essere odiati e sterminati senza pietà, come aveva ordinato Mosè. Nessun giudeo, per quanto mansueto, avrebbe accettato questo tipo di perdono, e invece di porgere l'altra guancia ad un oppressore romano gli avrebbe vibrato una pugnalata nella schiena, come facevano gli zeloti ai quali, appartenevano Gesù e i suoi apostoli. Il rigoroso pacifismo di Gesù, inteso in senso universale, fu aggiunto a posteriori ai Sinottici, quando la Chiesa ellenizzata soppiantò quella messianica dei giudei e si aprì ai gentili.

Ma il caratteristico comandamento del Vangelo: ama il prossimo tuo come te stesso, pur riferito al solo ambito comunitario era diffuso da tampi antichissimi e presso tutti i poopoli più evoluti. Coincide chiaramente col motto di Buddha: «Agisci come se ciò che fai accadesse a te; non uccidere, e non concedere nessuna possibilità che altri lo faccia». Nella letteratura buddhistica si trova, inoltre, questa frase: «Non adirandosi si supera la collera; il male si vince col bene; l’avido si vince coi doni; con la verità si vince il bugiardo». Anche Platone proibisce all’uomo di compiere il male, anche nel caso ch’egli lo subisca da parte di altri.

L’amore per i nemici personali non era ignoto neppure alla Stoa. Un parallelo singolare con la parola di Gesù: «Pregate per chi vi perseguita, affinché siate figli del padre celeste. Infatti, egli fa si che il sole sorga sui buoni e sui malvagi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt. 5, 44 sg.) lo troviamo in Seneca: «Se tu imiti gli dei, fa’ del bene anche agli ingrati! Infatti il sole sorge anche per i malfattori, e il male è aperto anche ai pirati».
Un comandamento assolutamente uguale, fondato su analoghe motivazioni morali lo troviamo persino da parte delle autorità ebraiche e anche nel Vecchio Testamento, benché limitatamente ai nemici appartenenti al proprio popolo. 

In ogni caso, già per Geremia e Isaia era cosa commendevole lasciarsi schiaffeggiare e sottoporsi allo scherno, per cui il duplice comandamento gesuano dell’amore, che da sempre il Cristianesimo ha considerato proprietà esclusiva, deriva dalla teologia ebraica tradizionale.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)