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venerdì 24 gennaio 2014

L'influenza del pensiero greco sull'insegnamento di Gesù. 108

Dobbiamo tener presente che la Galilea, chiamata spregiativamente la «Galilea dei Pagani» ai tempi di Gesù, non era allora un paese esclusivamente giudaico, ma contava una parte della sua popolazione di cultura ellenistica, composta da latifondisti stranieri, guarnigioni romane e da ebrei della diaspora ivi immigrati (e totalmente ellenizzati). Senza contare. le schiere di pellegrini che, specie in occasione delle festività, la transitavano per affluire a Gerusalemme. La città santa contava allora quasi 50.000 abitanti, ma vi giungevano ogni anno circa 120.000 pellegrini.

E non si deve trascurare il fatto che vi regnava una casata reale di cultura ellenistica: Erode I il Grande (37-4 a.C.), despota orientale e suddito dei Romani, che non era ebreo ma idumeo, i suoi figli Archelao, Filippo ed Erode Antipa, quest'ultimo governatore di Galilea e Perea, il «Re Erode» dei Vangeli. Costoro si circondavano cli dotti greci, amavano la letteratura e l’arte greca, edificavano città su modelli architettonici greci (Cesarea), contribuendo così all’ellenizzazione della Galilea.

Le città greche di Hippos e di Gadara si trovavano non lontano dal teatro dell’attività pubblica di Gesù e sono visibili dalla riva occidentale del lago di Genezareth. Molti ebrei parlavano greco, e parecchi avevano nomi greci (fra i discepoli di Gesù, ad esempio, Andrea e Filippo); anche l’aramaico era contaminato da una ricchissima terminologia ricalcata sul greco. Rabbini palestinesi spesso compivano i loro studi non solo ad Alessandria, ma anche ad Atene e a Roma. Le sinagoghe di Galilea recano tracce evidenti dell’influenza greca, e anche a Gerusalemme esistevano sinagoghe greche. Persino la lingua del culto era spesso il greco.

Molto spesso si sente dire che Gesù, della cui esistenza esteriore sappiamo solo quello che ci tramandano i Vangeli, intraprese viaggi in quelli che allora erano considerati paesi stranieri. Molti studiosi ammettono senza difficoltà la possibilità che Gesù sia stato sfiorato dagli atteggiamenti filosofici allora più diffusi e lo riconoscono anche alcuni teologi cattolici.

Molte espressioni usate da Gesù come: «Dare è più gratificante che prendere» si
trovano negli scritti di Aristotele. L’altra massima intorno all’angustia delle porte che conducono alla salvezza e alla larghezza della via che conduce alla perdizione è già presente in Esiodo e nel racconto di Prodico concernente le scelte di vita di Eracle.

L’esortazione di Gesù al discepolo che vuol dare sepoltura al padre «Lascia che i
morti seppelliscano i morti! Ma tu va’, e annuncia il Regno di Dio» trova corrispon-
denza nel comportamento del discepolo di Serapide, che alla morte del padre non
abbandona il Serapeion «in nome di Serapide». O ancora, il discepolo di Gesù che
non deve por mano all’aratro né voltarsi indietro ha un riferimento preciso nel con-
tadino corinzio, il quale fu talmente avvinto dalla lettura del Gorgia platonico, che
abbandonò l’aratro per recarsi da Platone. E la proibizione di portare con sé due
vesti suggerisce immediatamente l’utilizzazione da parte di Gesù del patrimonio

concettuale della filosofia cinica.

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)