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venerdì 13 giugno 2014

Il Gesù storico non si ritenne Figlio di Dio. (Parte prima) 148

Secondo la Teologia critica Gesù pose al centro della sua predicazione non se stesso, ma Dio e il prossimo; annunciò non il Cristo, ma il «Regno»; non si presentò ai suoi seguaci dicendo «credete in me!». Mai egli pretese per sé una venerazione religiosa, né fu mai oggetto di culto da parte della comunità primitiva cristiana. La frase: «Io sono figlio di Dio» non venne inserita da Gesù nel suo Vangelo ma da dai cristiani ellenisti che manipolarono i Vangeli alcuni decenni dopo la crocifissione.

Nonostante le molteplici manipolazioni cui furono sottoposti i Vangeli, essi ci consentono ancora di determinare con chiarezza quanto fosse estranea dalle intenzioni del Maestro di Galilea la propria identificazione con Dio.
Nei Vangeli Gesù rivolge le proprie preghiere non a se stesso ma a Dio, giungendo persino a scontrarsi con lui quando gli chiede di allontanare il calice amaro della morte, prorompendo nella celebre lamentazione: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc. 14, 36; 15, 34), che ben presto divenne tanto imbarazzante, che il Vangelo Apocrifo di Pietro la modifica: «Mia forza, o mia forza, perché mi hai abbandonato?» (Ev. Petr. 19), e il Vangelo di Luca sostituisce con le parole: «Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio» (Lc. 23, 46).

Che Gesù abbia avuto un attimo di smarrimento pronunciando il grido di terrore e solitudine: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" quando si vide appeso alla croce risultò più che imbarazzante agli evangelisti Luca e Giovanni, posteriori a Marco e già avviati alla sua deificazione. Per essi quel disperato lamento di Gesù morente lo rinnegava come Figlio di Dio che s'immolava per la salvezza dell'umanità e lo equiparava ad un aspirante Messia che, avendo fermamente creduto nell'intervento di Jahvè in suo aiuto, constatava con disperazione l'abbandono divino e il fallimento della sua missione.

Quindi, soprattutto nel Vangelo più antico, ancorché sottoposto come gli altri allo stravolgimento di una pluridecennale tradizione orale, Gesù appare ripetutamente come un uomo, che è ben conscio dell’enorme distanza da Dio.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)