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venerdì 11 agosto 2017

Peccato e redenzione n.8


Il mito biblico al vaglio della ragione

Finora abbiamo dimostrato come la favola biblica, scopiazzata dagli antichi sumeri, sia totalmente rinnegata dalla scienza. Ora passiamo ad esaminarla sotto il profilo della razionalità per denunciarne le assurdità, le incongruenze e l'irrazionalità di fondo.

Cominciamo con l'esistenza di Dio che nella Genesi crea il mondo in sei giorni e impasta la statuina di Adamo. Ebbene, non esiste alcuna prova oggettiva che dimostri l'esistenza di questo Dio o di qualsiasi altra divinità. Tommaso d'Aquino, il sommo teologo cattolico, dopo aver scritto poderosi volumi di teologia, condensò tutta la sua fede nel celebre motto “credo quia absurdum”. Credo, cioè, nonostante la religione mi propini delle verità assurde, irrazionali e indimostrate. Riconoscimento lapalissiano che non esiste alcuna prova oggettiva che dimostri l'esistenza di un qualsiasi Dio e che tutti i principi di fede, che costituiscono la religione cristiana (e qualsiasi altra religione), sono in aperto contrasto con la ragione.

Nessuno mai con l’osservazione e la ragione, dato che tutto ciò che possiamo conoscere deriva proprio da queste due cose, è mai riuscito a portare uno straccio di prova dell'esistenza di Dio. Infatti la religione, qualsiasi religione, su cosa si fonda? Soltanto sulla fede. Ma che significa aver fede? Significa credere in qualcosa che non si può dimostrare e comprendere coi mezzi di indagine razionale. Qualcosa che si accetta a scatola chiusa, senza poterla in alcun modo verificare.

Quindi la fede in una qualsiasi religione è un insieme di supposizioni mitiche e fantastiche che, come ci confessa l'Aquinate, sono così irrazionali da sconfinare nell'assurdo e derivano da testi sacri antichi, zeppi di ogni più inverosimile stupidità. Se affermassimo l’esistenza di Dio o degli dèi avremmo l’onere della prova, come dimostra Bertrand Russell con il suo paradosso della Teiera Celeste.

«Se io sostenessi- egli afferma - che tra la Terra e Marte c’è una teiera di porcellana in rivoluzione attorno al Sole su un’orbita ellittica, nessuno potrebbe contraddire la mia ipotesi, purché mi assicuri di aggiungere che la teiera è troppo piccola per essere rivelata, sia pure dal più potente dei nostri telescopi. Ma se io dicessi che - posto che la mia asserzione non può essere confutata - dubitarne sarebbe un’intollerabile presunzione da parte della ragione umana, si penserebbe con tutta ragione che sto dicendo fesserie. Se, invece, l’esistenza di una tale teiera venisse affermata in libri antichi, insegnata ogni domenica come la sacra verità ed instillata nelle menti dei bambini a scuola, l’esitazione nel credere alla sua esistenza diverrebbe un segno di eccentricità e porterebbe il dubbioso all’attenzione dello psichiatra in un’età illuminata o dell’Inquisitore in un tempo antecedente».

Il paradosso della Teiera Celeste la dice lunga sulla fede cieca. Oggi, la scienza, e in particolar modo la fisica quantica, sulla base di nuove teorie, spiega che "l'universo può essersi creato da sé, può essersi creato dal niente" e dunque "non è stato Dio a crearlo". Da ciò la logica conseguenza: se Dio non ha creato l'universo, non esiste per niente. Lo conferma Stephen Hawking, l'astrofisico più famoso del mondo, che scrive nel suo libro “The Grand Design” (Il grande progetto): "Poiché esiste una legge come la gravità, l'universo può essersi e si è creato da solo, dal niente. La creazione spontanea è la ragione per cui c'è qualcosa invece del nulla, il motivo per cui esiste l'universo, per cui esistiamo noi".

E predice che la fisica è ormai vicina a formulare "una teoria del tutto", una serie di equazioni che possono interamente spiegare la natura dell'universo. La pubblicazione del libro di Hawking è stata accolta come una vittoria della ragione e della scienza sull'oscurantismo religioso ma duramente contrastata da papa Benedetto XVI, che insiste a declassare la scienza ad ancella della fede. Hawking non ha mai creduto che scienza e religione siano conciliabili e tanto meno che la scienza sia subordinata alla fede. "C'è una fondamentale differenza tra la religione, che è basata sull'autorità (cioè sulla rivelazione piovuta dall'alto e mai dimostrata), e la scienza, che è basata su osservazione e ragionamento" egli afferma categorico. "E la scienza vincerà perché funziona". Non solo, ma prova tutto ciò che afferma, mentre la religione non prova niente di quello che va predicando.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)