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martedì 17 ottobre 2017

Peccato e redenzione n. 27

Il cristianesimo non si limita a sindacare il comportamento sessuale delle persone ma esercita la sua ossessiva ingerenza anche in molti altri campi della vita umana vietando la contraccezione, la fecondazione assistita, l'aborto, l'uso degli embrioni per ricerche mediche e l'eutanasia.
L'assegnazione nel 2010 del Premio Nobel per la medicina a Robert Edwards, padre della fecondazione assistita, ha scatenato le ire dei satrapi vaticani, irriducibili nemici di ogni innovazione medica che serva ad alleviare la sofferenza umana. Robert Edwards, padre della fecondazione in vitro, ha consentito a milioni di copie infertili di realizzare la più nobile e umana delle aspirazioni: procreare un discendente. L'alto valore scientifico del suo lavoro, che rende possibile il trattamento dei problemi della sterilità, ha nei fatti ampliato la libertà di scelta delle persone in materia riproduttiva. Ma per la Chiesa quando si tratta di nascere, l'utilizzo della scienza e della tecnica è considerato un abuso in quanto bisogna farlo come natura prevede e non come i progressi della scienza medica oggi consentono. Quando invece si deve morire, chi vuol farlo seguendo la natura, dalla Chiesa ne è impedito e deve prolungare la propria esistenza in un mare di sofferenza utilizzando i progressi della scienza e le tecniche più disumane per allungare il più possibile la sofferenza con strumenti di tortura, come canule, ventilatori, siringhe e altri mostruosi aggeggi, e nutrire un corpo in stato vegetativo con tubi e sonde infilati dappertutto. Questo perché la vita è un dono di Dio il quale, secondo l'ideologia dei fanatici “pro vita” vieta l'autodeterminazione sulla propria salute, sul proprio corpo, sulla propria vita e impone l'accanimento terapeutico ai malati terminali o a quanti non riescono a sopportare la sofferenza psichica per aver perso la loro indipendenza e dignità. A quale entità soprannaturale si riferisce la Chiesa come donatrice di vita? Ma al totem tribale Jahvè che ordina a Israele: «Nelle città di questi popoli che il Signore tuo Dio ti dà in eredità non lascerai in vita nessun essere che respiri; ma li voterai allo sterminio come il signore tuo Dio ti ha comandato di fare» (Deuteronomio 20,16-17)? Sarebbe questo il Dio che ci vieta di smettere di soffrire inutilmente per salvaguardare il dono irrinunciabile della vita che ci ha dato?
O, invece, questa entità disumana, invocata dalla Chiesa, serve a mascherare il fatto che se ciascuno di noi fosse libero di decidere della propria salute, del proprio corpo e della propria vita e della propria sessualità, crollerebbe il potere di ogni religione?
E come giustifica la Chiesa questo suo accanimento “pro vita” di oggi con la posizione da essa assunta nel passato nei confronti della vita di milioni di persone che non condividevano o mettevano semplicemente in dubbio i suoi comandamenti e dogmi, condannandoli perciò al rogo, alle torture e agli omicidi di massa? E, infine, si può considerare “morte naturale” mantenere artificialmente in vita una persona mediante macchinari inventati dall’uomo solo recentemente? E prima di tale invenzione, cosa intendeva la Chiesa per “morte naturale”?
La scelta di decidere del nostro corpo è un fondamentale diritto democratico proclamato dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, firmata da tutti gli Stati occidentali, all'infuori del Vaticano e di alcuni Stati totalitari del mondo. Se il cittadino è libero nelle sue opinioni e nel suo voto, si deduce che egli è anche sovrano su una sfera privata, dove i suoi valori di coscienza sono insindacabili. Questo diritto è anche sancito dalla nostra Costituzione che all'articolo 32 prescrive che, in presenza di esplicito rifiuto del paziente capace di intendere e di volere, il medico deve desistere da qualsiasi atto diagnostico e curativo che avvenga contro la volontà del paziente.
Dove, però, la Chiesa raggiunge il massimo della efferatezza è nell'imporre che si tenga in vita, artificialmente, mediante la nutrizione forzata, chi si trova in uno stato vegetativo permanente, applicandogli sonde di ogni genere e facendo soffrire le più atroci torture ai congiunti che devono assistere, per anni, un corpo degradato e privo di ogni dignità, dichiarato dai medici psichicamente morto. Questa disumana crudeltà, nasce dal concetto antiscientifico che la vita è data dal battito cardiaco e non, invece, dalla funzione cerebrale.

In base a questo principio si dovrebbe, oggi, mantenere in vita, per un tempo indeterminato, anche per decenni, un corpo senz'anima, inteso come un ammasso di cellule puramente vegetative. Una mostruosità che solo una religione aberrante può concepire. L'autodeterminazione del proprio corpo è voluta da tre cittadini su quattro in Italia, ma assolutamente negata dai nostri politici, su dettatura vaticana. 

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)