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martedì 11 giugno 2013

Affinità tra gli insegnamenti di Buddha e di Gesù. 47


Gli insegnamenti morali di Buddha e di Gesù sono spesso molto affini. Entrambi proibiscono di uccidere, di rubare, di mentire e di fornicare. L’uno e l’altro raccomandano il rispetto dei genitori, ed esaltano i pacifici; tutti e due vogliono ricambiare il male col bene, predicano l’amore per i nemici, insegnano a non accumulare inutili ricchezze terrene e preferiscono la misericordia all’offerta di sacrifici.

Anche le definizioni sono spesso pressoché letteralmente eguali. Buddha si definisce «figlio dell’uomo», come Gesù, e viene anche lui chiamato «profeta», «maestro» e «signore». Le denominazioni di Buddha quale «occhio del mondo» e «luce senza pari» corrispondono alla definizione di Cristo quale «luce del mondo». Perfino i miracoli compiuti da Buddha sono simili a quelli di Gesù: i malati guariscono, i ciechi vedono, i sordi sentono, gli storpi procedono di nuovo eretti. Egli cammina sul Gange in piena come Gesù sul lago.

Buddha esigeva che i suoi miracoli non venissero intesi come mere esibizioni, proprio come Gesù. Ma in seguito, nel Buddismo istituzionalizzato, il miracolo svolse lo stesso ruolo dominante che ebbe nella Chiesa cristiana o nell’Islam. In tutte le religioni la massa si lascia più facilmente impressionare dai portenti e dalle magie che non dalla spiritualità e dall’ethos; essa vuole che accada qualcosa per sé, non in sé.
A conclusione del confronto tra Cristianesimo e Buddismo viene qui riportato uno dei più sorprendenti parallelismi tra loro riferito all'episodio evangelico dell'obolo della vedova. Nella narrazione buddista, durante un’assemblea religiosa i ricchi offrono doni preziosi, mentre una vedova possiede solo due monete: è tutto ciò che ha, ma lo offre con gioia. Il sacerdote riconosce la sua buona intenzione e la esalta, senza badare ai regali degli altri. Ecco il passo parallelo del Vangelo di Marco: «E sedutosi di fronte al tesoro, (Gesù)stava a vedere come la folla gettava monete nella cassa, e molti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova, gettò due monete, che fanno un quadrante. E chiamati a sé i discepoli, disse loro: “In verità vi dico, questa povera vedova ha dato molto più di tutti gli altri, che hanno gettato qualcosa nella cassa. Infatti, costoro hanno tutti quanti gettato il superfluo, essa invece tutto quello che aveva nella sua povertà, tutto il suo sostentamento”» (Marco 12, 41 sgg.).

Qui le coincidenze sono specifiche e assolute: in tutti e due i casi si tratta di una donna; le due donne sono povere; entrambe offrono in chiesa; entrambe lo fanno assieme ai ricchi; tutte e due donano tutto ciò che hanno; entrambe posseggono due monete; entrambe vengono esaltate da un osservatore; entrambe le donazioni sono stimate assai più che i doni dei ricchi. È qui difficile, se non impossibile, negare un rapporto diretto di dipendenza del racconto evangelico da quello buddista.

Le analogie fra Buddismo e Cristianesimo continuano anche dopo la morte dei loro fondatori. Miti e leggende trasfigurano le loro immagini: Buddha e Gesù vengono ben presto divinizzati e collocati al di sopra di tutte le altre divinità e i loro principi fossilizzati in dogmi. In tutte e due le religioni si giunge a un Concilio. I buddisti ortodossi fissarono il proprio dogma nel Concilio di Pataliputra (241 a.C.), circa 250 anni dopo la morte di Buddha, i cristiani lo fecero nel Concilio di Nicea (325), circa trecento anni dopo la morte di Gesù. 

La sollecita apoteosi di Buddha rende comprensibile la divinizzazione relativamente rapida di Gesù. Ma le deificazioni, la comparsa di Redentori e soprattutto di figli divini provenienti dal cielo, come Asclepio, Eracle e Dioniso, modelli del cristiano figlio di Dio, erano familiari e ovvi nel mondo antico che precedette il cristianesimo.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)