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venerdì 30 maggio 2014

Anche dopo la sua morte, Paolo fu sconfessato come apostolo dai cristiano-giudei. 144

Il rifiuto di Paolo come apostolo continuò anche dopo la sua morte, come in parte è attestato perfino nel Nuovo Testamento. Infatti, la Lettera di Giacomo polemizza apertamente e decisamente contro la dottrina paolina della giustificazione. Nel Vangelo di Matteo, composto alcuni decenni dopo la morte di Paolo, i non giudei vengono definiti cani e porci, e tali espressioni sono in contrasto con tutta la tradizione sinottica nella quale per Gesù tutti gli uomini sono uguali (Mt. 7, 6; 10, 5 sg.).

Anche la Comunità di Roma, inizialmente legata ai giudeo-cristiani, fu a lungo molto ostile nei confronti di Paolo. Quando Marcione nel 140 introdusse a Roma le Lettere di Paolo trovò che personaggi ecclesiastici di primo piano, come Papias e Giustino, erano così ostili contro l'apostolo dei gentili da considerarlo quasi un eretico.

Il Padre della Chiesa Tertulliano lo chiamava spregiativamente «Apostolo degli eretici» (haereticorum apostolus) e avrebbe preferito di tutto cuore disconoscergli anchequel titolo, per valorizzare maggiormente i meriti dei primissimi apostoli (Tert.,adv. Marc. 3, 5; 1, 20). Nelle Omelie pseudoclementine, tramandate sotto il nome di uno dei primi Vescovi di Roma, Paolo viene definito senza mezzi termini un eresiarca, l’eretico più antico della cristianità, anzi, addirittura l’«Anticristo».

I seguaci di Paolo, ovviamente, reagirono con estrema violenza contro questa crociata antipaolina. Lo possiamo dedurre dalla Lettera a Tito (universalmente ritenuta un falso), scritta qualche decennio dopo la morte di Paolo da un suo seguace, nella quale leggiamo: «Perché esistono molti che rifiutano di sottomettersi, chiacchieroni e truffatori, specialmente tra le file dei giudeo-cristiani; bisognerebbe tappar loro la bocca, in quanto gettano nello scompiglio intere famiglie, propagando inaudite dottrine in nome di un lucro davvero turpe». E Tito viene esortato a «combatterli senza alcun riguardo» (Tit. 1, 10 sgg.). Altrettanto decisamente i giudeo-cristiani vengono combattuti nella Lettera a Timoteo, anch’essa un falso (1 Turi. 1, 4 sgg.).


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)