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venerdì 2 maggio 2014

Primi contatti di Paolo con la comunità cristiana di Gerusalemme. 136

Per tre anni Paolo predicò il ritorno del Risorto in Arabia, come si chiamava allora il territorio immediatamente a sud di Damasco (Galati 1,15-17), mostrando di conoscere ben poco della dottrina di Gesù. infatti nelle sue Lettere egli non accenna a Gesù taumaturgo ed esorcista, non fa riferimento al ricco materiale della passione e alle parabole, ignora le diatribe tra Gesù i farisei e gli scribi a proposito della Legge mosaica, non conosce il battesimo per mano del Battista, né le tentazioni e neppure la missione in Galilea.

Paolo, in verità, ribadirà più volte nelle sue Lettere d’essere stato
personalmente chiamato dal Signore, di non aver ascoltato il Vangelo da nessun uomo, nemmeno a Gerusalemme dagli Apostoli, da lui definiti con scherno «superapostoli» o «arciapostoli», ai quali non riteneva d’essere affatto inferiore e il cui prestigio lo lasciava indifferente (Gal. 1, 1 sgg.; 2, 6). Quindi le sue conoscenze sulla dottrina di Gesù si basavano sulle sue presunte rivelazioni celesti (allucinazioni epilettiche), e forse su quanto aveva appreso durante gli arresti e gli interrogatori dei cristiano-giudei da lui compiuti a Gerusalemme.

Questo lungo intervallo di tempo, prima di recarsi a Gerusalemme dagli apostoli, simile ad un esilio volontario, sembra molto strano e probabilmente fu determinato dal fatto che il suo turbolento passato di persecutore lo costringeva a rivolgersi a gente che non lo aveva conosciuto prima e che quindi non poteva contestarlo

Quando finalmente decise di recarsi nella città santa e contattare quelli che erano gli unici depositari dell'insegnamento di Cristo (39 d.C.?), a causa del suo passato di spietato persecutore, tutti lo schivarono e riuscì a malapena ad avvicinare due dei cosiddetti apostoli: Pietro e Giacomo (uno dei fratelli di Gesù, non il figlio di Zebedeo) per merito del cipriota Barnaba, un ebreo della diaspora molto stimato dagli apostoli perché a Gerusalemme aveva venduto tutti i suoi beni immobili e ne aveva dato il ricavato alla comunità cristiana. 

Paolo scrive in Galati: «Solo dopo tre anni mi recai a Gerusalemme per parlare con Cefa (Pietro), ma restai con lui solo quindici giorni. In quell’occasione non vidi nessuno degli altri Apostoli, eccetto Giacomo, fratello del Signore»(Galati 1,18-19 – Atti 10,26-27). E ribadisce solennemente con un giuramento:«Quel che vi scrivo adesso potrei testimoniarlo davanti a Dio, che dico la pura verità» (Gal. 1, 18sgg. Cfr. soprattutto anche Gal. 1, 12).

Quindi, fu merito di Barnaba se Paolo, a causa del suo passato di spietato aguzzino che i cristiano-giudei ricordavano fin troppo bene, potè avvicinare i due apostoli Non è da escludere che in città dovesse muoversi con circospezione per evitare di dar nell'occhio ai grandi sacerdoti che non gli avevano perdonato il suo voltafaccia di Damasco e che pare avessero messo una taglia sulla sua testa.
Comunque il suo contatto con la Chiesa di Gerusalemme fu breve, limitato a pochi incontri e assolutamente negativo. Segnò indubbiamente l'inizio del conflitto fra lui e la comunità di Gerusalemme che si aggraverà nel tempo. Gli Atti degli Apostoli, estremamente tendenziosi e composti probabilmente da Luca, discepolo di Paolo, cercheranno, senza riuscirci di occultare gli aspri conflitti che seguiranno tra Paolo e la comunità di Gerusalemme.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)