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venerdì 16 maggio 2014

Le acrobazie esegetiche dei Padri della Chiesa sullo scontro tra Paolo e Pietro. 140

Durante lo scontro antiocheno , Paolo si arrogò il diritto di decidere autonomamente rispetto a Pietro e la Chiesa di Gerusalemme. Per questa ragione tale atteggiamento fu sempre particolarmente imbarazzante per i cattolici, e a buon diritto venne utilizzato da Lutero come argomentazione contro la fede nell’infallibilità del Papa.

L'imbarazzo cattolico si manifestò fin dagli inizi del cristianesimo e determinò eloquenti acrobazie esegetiche da parte dei Padri della Chiesa.
Tertulliano, anticipando le diitinzioni artificiose che diverranno prassi costante nella Chiesa, ridusse lo scontro tra Paolo e Pietro ad un errore soltanto comportamentale, non dottrinale. (Tert,. praescr. Haeret. 23). La Chiesa in seguito quando procedette alla liquidazione di milioni di «streghe» giustificò questo crimine farisaicamente allo stesso modo, cioè come un errore di comportamento.

Girolamo, nascondendo la testa sotto la sabbia come gli struzzi, sostenne che Pietro e Paolo avrebbero fatto finta di polemizzare fra loro (Hieron., Com,nent. in Gai. 2, 11). Agostino, meno ipocrita, trovò sgradevole l’idea della finzione polemica del Principe degli Apostoli, respinse il suggerimento di Girolamo, ammettendo la bocciatura di Pietro (Aug,. ep. 28; ep. 70). Il che spiacque a S. Tommaso, che si limitò a definire veniale il peccato di Pietro. Ippolito, ancor più ipocrita di Girolamo, negò recisamenle i contrasti fra gli Apostoli, trasformando sbrigativamente in pagani e giudei gli avversari giudeo-cristiani di Paolo.

Clemente Alessandrino, dando sfogo alla sua fantasia, inventò che l’avversario di Paolo non era stato Pietro, ma un giovane sconosciuto. E Ireneo preferì stendere sulla diatria un pietoso velo del silenzio, lasciando credere che le discussioni di Gerusalemme si fossero svolte in bellissima concordia d’intenti. Insomma, si evitò accuratamente di porre in risalto i contrasti e, al contrario, si fece di tutto per sottolineare l’armonia all’interno della comunità primitiva.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)