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martedì 8 dicembre 2015

107- “L'invenzione del cristianesimo” - Le fonti del Nuovo Testamento. Breve esame dei quattro Vangeli (Parte terza)

l Vangelo di Giovanni attesta un cristianesimo nuovo e molto diverso da quello dei Sinottici, perché si fonda su uno dei concetti essenziali della filosofia ellenistica, quello del Logos. In esso Gesù viene interpretato come la manifestazione fenomenica del Logos «incarnato», disceso dalle sfere celesti per ricondurre gli uomini a Dio in qualità di Redentore. Ci troviamo qui di fronte ad una vera deformazione della dottrina di Gesù per adeguarla agli intellettuali ellenizzati al fine di guadagnarli al cristianesimo.
L'autore, scrivendo per le persone colte e fortemente ellenizzate, non esalta più i poveri, né pone in guardia contro la ricchezza. Ignora lo schietto linguaggio delle parabole proprio dei Sinottici e predilige discorsi ampiamente elaborati che descrivono Dio in maniera astratta. Insomma, il messaggio gesuano viene da lui totalmente intellettualizzato.
Come spiegare una tale trasformazione del messaggio di Gesù? Con l'esigenza di avvicinare al cristianesimo gli ambienti più colti del mondo ellenistico. I Sinottici, scritti com’erano nella koiné greca del linguaggio popolare, erano rivolti soprattutto alle classi più umili, composte in prevalenza di mendicanti, di schiavi e perfino, come attesta Paolo, di ex ladri e delinquenti. La predicazione cristiana che Tacito definiva «esecrabile» e Svetomo «una superstizione empia», andava quindi intellettualizzata per poter fare impressione sui dotti. Quello che si prefigge il quarto Vangelo. Viene dalla Chiesa attribuito all'apostolo Giovanni ma da più di un secolo la bibliologia critica riconosce concorde che non può essere attribuito a questo apostolo, in quanto la sua stesura risale indubbiamente a dopo l'anno 100, cioè a molto dopo che Giovanni e il fratello Giacomo avevano subito il martirio nel 44 per opera di Erode Agrippa I (Atti, 12,2).
Tenendo conto, però, che lo ignorano Marcione, Giustino, Papia e lo stesso Policarpo che, secondo la Chiesa, era discepolo di Giovanni, mentre è menzionato per la prima volta da Ireneo nel 190, possiamo attribuirlo a una data anche più tarda.
Gesù, molto umano in Marco secondo Origene (Commentari, 94), in parte semidivinizzato negli altri due Sinottici, in Giovanni viene completamente divinizzato e in più viene proclamato preesistente ad Abramo e mediatore per ottenere la salvazione.
Mentre il Gesù sinottico nel Getsemani, ad esempio, è in presa a profonde angosce fisiche e spirituali, in Giovanni, che vuole negare in lui ogni tratto di debolezza umana, di queste angosce non c'è traccia e al momento del trapasso Gesù non spira col grido di disperazione raccontato da Marco e Matteo “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Marco 15,34; Matteo 27,46), ma col detto eroico e sovrumano: « È compiuto» (Giovanni 15,34), così come spirò anche il semidio Eracle, che molti storici ravvisano come uno dei modelli più sorprendenti della figura biblica di Cristo.
Quindi questo Vangelo sembra finalizzato a provare la divinità del Cristo, anche nei miracoli descritti «affinché crediate» (Giovanni 20,30). Però non sempre nel testo le definizioni collimano fra loro ad indicare che anch'esso venne alterato con manipolazioni varie che determinarono palesi incongruenze. Come conciliare, ad esempio, che Gesù venga definito contemporaneamente «Re dei giudei» e «Redentore del mondo?» L'una affermazione esclude l'altra. Le divergenze di questo Vangelo coi Sinottici sono molteplici e riguardano sia l'assenza in esso di molti ed importanti episodi narrati dagli altri evangelisti sia, viceversa, la presenza di alcuni significativi avvenimenti, completamente ignorati negli altri Vangeli. Fra i vari episodi citati dagli altri evangelisti e totalmente assenti in Giovanni alcuni rivestono un'importanza fondamentale. Elenchiamoli: 1.le tentazioni cui venne sottoposto Gesù da parte di Satana dopo i quaranta giorni di permanenza nel deserto, 2.le resurrezioni della figlia di Giairo e del figlio della vedova di Nain, 3.altre guarigioni miracolose specialmente di tipo esorcistico, 4.alcune parabole, 5.la trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor, 6.la questione del tributo a Cesare, 7.la piccola apocalisse riferita alla distruzione di Gerusalemme, 8.la condanna a morte di Gesù da parte degli ebrei, 9.la sua ascensione al cielo, 10.il primato di Pietro e 11.l'istituzione dell'eucaristia.
Altrettanto rilevanti sono gli avvenimenti presenti in Giovanni e assenti nei Sinottici. Vediamoli: 1.le nozze di Cana; 2.il dialogo con la samaritana; 3.l'adultera perdonata; 4.la discussione con Nicodemo; 5.la resurrezione di Lazzaro; 6.il lavaggio dei piedi agli apostoli nell'ultima cena; 7. la presenza di un personaggio misterioso, chiamato "l'apostolo che Gesù amava", falsamente ritenuto lo stesso Giovanni.
Esaminarli tutti richiederebbe troppo tempo ma su almeno un paio vale la pena di soffermarci. Cominciamo dall'assenza più incredibile, quella dell'istituzione dell'eucaristia.
Confrontando nei Vangeli sinottici i brani relativi all'ultima cena noteremo che tutti e tre descrivono l'istituzione dell'eucaristia con le stesse parole scritte da Paolo nella sua prima Lettera ai Corinzi (1 Corinzi 11, 23-29). Giovanni, invece, ignora completamente questa istituzione ma rivela particolari importanti, ignoti agli altri evangelisti, come la lavanda dei piedi.
L'eucaristia, quindi, fu un'assoluta invenzione paolina, messa in evidenza anche dal fatto che gli Apostoli non conoscevano una comunione sacramentale. Dopo la preghiera nel Tempio, spezzavano il pane in casa di uno di loro senza sacerdoti e senza alcun apparato cultuale e nemmeno sacramentale (Atti, 2,46; 6, 1 sg.). Infatti la teologia critica non trova alcun rapporto fra il pasto della comunità cristiana primitiva e l’atto cultuale della comunione propagato da Paolo.
Anche il primato di Pietro viene ignorato da Giovanni. Non c'è alcun cenno alle parole di Matteo: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa…” (Matteo 13,20-22). Al contrario, chi in Giovanni sembra prevalere sugli altri apostoli è un personaggio misterioso chiamato: "quel discepolo che Gesù amava" (Giovanni 12,23) di cui abbiamo parlato a proposito di Lazzaro di Betania.
L'episodio del XXI capitolo, che tenta di recuperare il ruolo primario di Pietro mediante la triplice affermazione di Gesù risorto "pasci le mie pecorelle" (Giovanni 21,15-17), è chiaramente un falso accettato da tutta la teologia critica e anche da teologi cattolici. Concludiamo l'analisi del Vangelo di Giovanni facendo rilevare che, pur essendo il più antiebraico dei quattro (i brani apertamente antisemiti, secondo D. J. Goldhagen, sono centotrenta), troviamo espressa in esso la netta convinzione che Gesù fu giustiziato per motivi politici voluti dal clero collaborazionista dei romani e non per motivi religiosi come la blasfemia.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)