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giovedì 17 dicembre 2015

Come la comunione, nata come offerta per i poveri, si trasformò in un atto sacrificale per la divinità. Parte seconda. 241

Nelle comunità protocristiane non si conosceva la concezione più tarda della Chiesa, secondo la quale ci si poteva accostare a Dio mediante un sacrificio offerto dagli uomini ed era necessaria la presenza dei sacerdoti quali mediatori fra la comunità e Dio. Quindi, l'eucaristia trasformata da pasto serale in servizio divino antimeridiano, non fu intesa inizialmente come un «sacrificio» vero e proprio, parallelo ai banchetti sacrificali dei pagani ma piuttosto come un sacrificio simbolico, come già Paolo aveva scritto nel sue Lettere, esortando i fedeli a offrire i propri corpi come sacrificio a Dio.

Però questo simbolismo, presente nella letteratura postapostolica, non soddisfaceva la fantasia dei cristiani, sempre a contatto coi sacrifici cruenti dei pagani, per cui fu giocoforza rivestirlo di qualcosa di materiale, di palpabile, specialmente attinente al nutrimento del corpo.

Ecco quindi che le donazioni, in un primo tempo deposte sull’altare per i poveri o per la Chiesa, vennero intese in tal senso e a poco poco i concetti di sacrificio dominanti nella religiosità pagana subentrarono sempre più nella definizione del pasto comunitario cristiano, con i cui elementi costitutivi - il pane e il vino - fu assai agevole stabilire una relazione con il vecchio concetto di sacrificio.

Così, intorno al 150 Giustino definì «sacrificio» la donazione di offerte in natura nell’eucaristia e il concetto di sacrificio fu trasferito alle preghiere del sacerdote e alla solennità eucaristica. Intorno al 250, poi, Cipriano pose in relazione tale antico concetto con le sofferenze di Gesù, interpretando la comunione come un sacrificio offerto dal sacerdote a imitazione di Cristo. Mentre, quindi, per Giustino, Ireneo e in generale per tutti i Padri della Chiesa del tardo II secolo, la Comunione è un sacrificio di ringraziamento della comunità purificata, nel III secolo con Cipriano divenne un sacrificio di riconciliazione per la comunità peccatrice.


A seguito di ciò si impose rapidamente nella Chiesa la teoria del sacrificio della Messa, di una ripetizione incruenta del sacrificio di Gesù sulla croce, in stridente contrasto con la primitiva religione cristiana priva di sacrifici e di sacerdoti. Ecco come il significato originario della Comunione venne capovolto, vale a dire che da offerta per i poveri era ormai divenuto un atto sacrificale per la divinità.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)