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martedì 16 febbraio 2016

13 – Il falso Jahvè. Mosè l'egiziano 1

Abbiamo detto in precedenza che gli scribi che redassero la Bibbia nel VI secolo a.C., con grande abilità elessero Abramo a depositario di tutte le aspettative d'Israele, allo scopo di creare l’idea di un'unica progenitura e di uno svolgimento unitario e ideale della storia del loro popolo, ma, invece, dimostreremo che fu Mosè, principe e gran sacerdote egiziano, a determinare gli elementi fondanti dell'ebraismo.
Incontriamo nella Bibbia due versetti che pur nella loro brevità si rivelano della massima importanza per la conoscenza di Mosè. Il primo afferma che "L'uomo Mosè era in gran considerazione nel paese d'Egitto" (Esodo 11,3), e l'altro che "Mosè fu fatto istruire in tutta la sapienza degli egizi e divenne potente in parole e opere" (Atti 7, 22).
La prima considerazione che possiamo trarre da questi due versetti è che Mosè era un uomo di potere, e al suo tempo essere uomo di potere in Egitto significava avere sangue reale e appartenere alla corte del faraone. L'altra considerazione che possiamo trarre è che Mosè, essendo stato istruito in tutta la sapienza degli egizi, era uno dei grandi sacerdoti in quanto solo costoro potevano accedere alla teologia più alta, quella dei grandi misteri.
Mosè, dunque, non era di origine semitica, come ce lo rappresenta la leggenda biblica, bensì un principe e un gran sacerdote di origine egiziana (Max Weber, Il giudaismo antico, vol. II, pagg. 489 e 564-565). Le prove sono molte e incontrovertibili. Anzitutto il suo nome, molto frequente in Egitto anche tra i faraoni. Lo si trova scolpito in molti cartigli dei bassorilievi dei templi e degli obelischi: Thut-Mose, Ah-Mose, Ra-Mose, Ptahy-Mose, Amun-Mose e così via. Era la forma devozionale abbreviata di un nome teoforo (contenente cioè il nome di un Dio) e significava "bambino di, figlio di". Quindi Ra-Mose voleva dire: bambino del Dio Ra o figlio del Dio Ra (Ahmed Osman, Moses, Pharaoh of Egypt, pagg. 66-67).
In Esodo 2,10 troviamo che la figlia del faraone aveva chiamato il bambino che aveva tratto dal Nilo col nome di Mosè perché, diceva, "l'ho salvato dalle acque". Questo accostamento linguistico deriva dal fatto che lo scriba autore dell'Esodo, ricavava il nome Mosè dal termine ebraico "masa" che significa "trarre". È una forzatura poco convincente, considerata l'origine egiziana del nome, nonché l'ammissione, quasi unanime degli studiosi, che Mosè non fu affatto salvato dalle acque.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)