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giovedì 25 febbraio 2016

L’influenza della filosofia greca su Paolo. 249

A Tarso, dove Paolo nacque e visse la prima parte della sua vita, il sincretismo filosofico-religioso si respirava nell’aria e l’Apostolo non poté evitare di assimilarlo, sia pure inconsciamente. Secondo Strabone (Geographia, 14, 9 sgg.) in quella metropoli ellenistica gli abitanti superavano in zelo filosofico persino gli Ateniesi e gli Alessandrini.

Paolo, ebbe come lingua madre il greco, che parlava e scriveva di sicuro correntemente; compì la sua missione per decenni in ambiente greco o grecizzato e nelle sue Epistole denota una fortissima influenza dell’ellenismo, del platonismo. Egli poté così assimilare gli insegnamenti degli stoici e dei cinici, allora assai diffusi e letti, sia perché nella sua città insegnava lo stoico Atenodoro, precettore di Augusto, sia perché, come ci raccontano gli Atti (Atti,17, 18), Paolo sostenne, in più occasioni, delle discussione coi filosofi stoici ed epicurei.

Ma nella sua città natale era molto diffuso anche il culto degli dei soterici fra i quali primeggiava quello del dio Mitra. Una delle cerimonie più fastose e solenni di Tarso, infatti, celebrava ogni anno la resurrezione del dio Sandan. Dunque, Paolo aveva dimestichezza con le filosofie dell’ellenismo pagano e coi Misteri che caratterizzavano il clima intellettuale e spirituale del sua città d'origine. Il suo cristianesimo, quindi, venne fortemente impregnato di motivi ellenistici e misterici e le sue comunità subirono continuamente i loro influssi.

I contatti col giudaismo non avvennero per Paolo direttamente e nelle sue forme autentiche, cioè gerosolimitane, ma attraverso le sinagoghe della diaspora ellenistica, influenzata perciò dalle concezioni della filosofia greca, specialmente della stoa. Delle quattro fonti, dalle quali si nutrì Paolo per creare il suo cristianesimo personale e tutto quanto ne conseguì: ellenismo, religione misterica, giudaismo e tradizione gesuana di Gerusalemme, quest’ultima fu in ogni caso la meno significativa.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)