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giovedì 4 febbraio 2016

Il cristianesimo primitivo fu indifferente alla cultura, all’arte e alla scienza. 246

La Chiesa, fin dalla fine del Medioevo, ha marcato il legame fra servizio divino e arte, fra teologia e scienza, e ha riconosciuto la sua piena disponibilità verso alcune forme di cultura, anche profane. Ma è stata costretta ad ammettere il totale disinteresse del protocristianesimo verso ogni forma d'arte e di cultura.
In effetti, i cristiani dei primordi attendevano parossisticamente l'mmediato avvento della fine del mondo e non si preoccupavano affatto né dell’istruzione, né della cultura, e tanto meno dell'arte. Non si preoccupavano nemmeno di tralasciare ai posteri quanto potesse attestare la loro storia. Solo quando cessò la fede cieca nella parusia e la fine del mondo fu procrastinata a tempio indefiniti, che a poco a poco, lungo un lasso di tempo piuttosto ampio, la cristianità passò dal disprezzo escatologico del mondo a un atteggiamento positivo sempre più deciso verso i valori mondani e la cultura. In origine, quindi, il cristianesimo primitivo era privo di ogni forma di intellettualismo, di un canone di valori e di una teologia morale.

Esso non conteneva neppure in nuce qualcosa che presupponesse il sistema della scolastica o anche soltanto la teologia dei «Padri della Chiesa». Neppure Paolo, d’altra parte, conosceva una speculazione filosofica intorno a Dio: Cristo lo aveva inviato - com’egli ammette - a predicare la buona novella «e non con alta eloquenza, affinché la croce di Cristo non venga impoverita» (1 Cor. 1, 17).

E’ significativo che i primi scrittori cristiani di professione che si avvicinano alla cultura, Giustino e Melitone di Sardi, iniziano a scrivere intorno alla seconda metà del Il secolo, e che al principio del III secolo per Tertulliano l'arte non è altro che figlia del demonio.

D'altra parte il Gesù evangelico, è assolutamente privo di qualsiasi sensibilità verso la vita culturale, la scienza e l’arte, come fu osservato da molti studiosi. Quando alcuni discepoli esaltarono il tempio di Gerusalemme splendido di alabastri, ori e marmi, costruito da Erode il Grande, Gesù, per nulla esaltato dalla munificenza dell'edificio, si limitò a rispondere: non rimarrà pietra su pietra (Lc. 21, 5; Mc. 13, 1 sg.; Mt. 24, 1 sg.). Una vera e propria bestemmia, raccontata da tutti i Sinottici, giacché il Tempio era pur sempre considerato la dimora di Dio, come oggi le chiese cattoliche.

Ma il«Regno di Dio» per Gesù avrebbe avuto inizio proprio con una catastrofe cosmica che avrebbe annientato anche i templi divini. Infatti il Nuovo Testamento insegna che «L’altissimo non abita in una costruzione opera delle mani dell’uomo» (Atti, 7, 48), Ecco perché per lungo tempo la comunità cristiana si raccolse dentro case private e la più antica chiesa cristiana è attestata in Edessa alla fine del l secolo.






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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)