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martedì 11 ottobre 2016

75– Il falso Jahvè. Lo scisma e la nascita dei regni di Giuda e di Israele 6

Ma chi era questo Dio venerato nel Regno d'Israele col nome di Baal? In base all'iscrizione che leggiamo sulla Pietra Moabita (John Rogerson in Chronicle, pagg. 101-102) possiamo dedurre che Baal era il nome israelita che corrispondeva a Jahvè. Quindi Baal e Jahvè erano lo stesso Dio con due nomi diversi.
Secondo l'iscrizione della Pietra di Moab, il re Mesa saccheggiò il tempio di Nebo e "ne prese le pietre dall'altare di Jahvè". Monte Nebo era uno dei siti religiosi più importanti d'Israele dove si venerava Baal e il re contro il quale Mesa condusse la sua campagna militare intorno all'853 a.C., era il re d'Israele Ioram, nipote di Omri. Secondo la Bibbia Ioram “rimase legato alla colpa del re Geroboamo, figlio di Nebat, che aveva fatto peccare Israele" (2 Re 3,14).
Se ne desume che in un'epoca in cui il Dio d'Israele sarebbe stato Baal, Mesa saccheggiò uno dei templi più importanti d'Israele che secondo l'iscrizione era invece dedicato a Jahvè. La stessa Bibbia conferma che i razziatori di Mesa portarono via idoli di Baal dal tempio di Nebo: “II Dio Bei [altra forma della parola Baal usata in più occasioni] è sconfitto, Nebo abbattuto, i loro idoli sono portati via su bestie da soma” (Isaia 46,1). Poiché l'iscrizione di Mesa identifica questi stessi «idoli» con le pietre dell'altare di Jahvè, allora Jahvè e Baal erano evidentemente la medesima divinità.
Ma se Israele e Giuda adoravano lo stesso Dio, sia pure attribuendogli nomi diversi, in che cosa consisteva l'accusa d'idolatria rivolta da Giuda ad Israele? Leggendo tra le righe del Vecchio Testamento scopriamo che l'oggetto delle accuse non era tanto il Dio o il suo nome, quanto il fatto che Baal era associato ad un toro o a un vitello.
"Essi presero il toro, lo prepararono e invocarono Baal [...] Fecero anche delle danze sacre attorno all'altare che avevano costruito" (1 Re 18,26).
Abbiamo visto in precedenza che Geroboamo eresse due statue raffiguranti dei vitelli, una delle quali fu collocata nel santuario più importante, quello di Bethel, la casa di Dio.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)