Paolo
è veramente esistito?
È
paradossale il fatto che i due presunti fondatori del Cristianesimo:
Gesù e Paolo di Tarso, siano stati totalmente ignorati dagli storici
loro contemporanei nonostante il clamore, quasi assordante, da essi
sollevato negli scritti del Nuovo Testamento. Sul silenzio tombale
riguardante Gesù abbiamo già parlato in precedenza. Ora metteremo
in risalto l'altrettanto tombale silenzio riferito all'esistenza
storica di Paolo. Infatti, nessun documento storico di fonte non
cristiana parla di lui e noi lo conosciamo soltanto attraverso le sue
Lettere e gli Atti degli Apostoli.
È
molto significativo il fatto che di lui non venga fatta menzione
non solo dagli storici ebrei suoi contemporanei, come Giuseppe
Flavio, Filone Alessandrino e Giusto di Tiberiade, ma neppure nelle
Lettere apostoliche riferite a Giuda, Giacomo il Minore e
Giovanni, i quali, in base agli Atti, lo avrebbero frequentato. Solo
la Seconda Lettera di Pietro ne parla esplicitamente, ma questa
lettera è universalmente ritenuta un falso, e la stessa CEI, nella
versione della Bibbia del 1989, la riconosce come tale.
Paolo,inoltre, è totalmente ignorato anche
dai primi apologeti e scrittori cristiani, come Giustino, morto a
Roma nel 165, che attribuisce la conversione dei pagani
esclusivamente ai dodici Apostoli (Apologia I,39-45), e Papia,
vescovo di Geropoli (Asia Minore), vissuto nella prima metà del II
secolo, che scrisse un'apologia sulle “Sentenze del Signore.”
Anche altri Padri della Chiesa lo ignorano come Ireneo e Tertulliano.
Noi
lo conosciamo soltanto per mezzo delle quattordici
Lettere che gli
sono attribuite
ma che molti studiosi oggi ritengono solo in parte attendibili.
Infatti, in base ad uno studio esegetico dei concetti espressi in
esse, alle ricerche filologiche e storiche e di confronto eseguite
dalla scuola di Tubinga, e ad un'analisi elettronica eseguita sul
vocabolario dei testi, sono soltanto quattro le Lettere di sicura
attribuzione: la Lettera ai Romani, quella ai Galati, e le due ai
Corinzi
(Josif Kryevelev, Analisi
storico critica della Bibbia,
Edizioni Lingue Estere, Mosca, 1949).
Le
quattro di cui si parla risultano a loro volta così manipolate e
contraffate, che alcuni esegeti, come M. Goguel
(L'apotre
Paul et Jèsus Christ,
Libraire Fishbacher, Paris, 1904),
giungono ad affermare che le due lettere ai Corinzi sono un
assemblaggio di sei altre Lettere mal ricucite, e che la Lettera ai
Romani presenta ben cinque finali. Considerando
tutto ciò è possibile ipotizzare, come vedremo più avanti, che le
14 Lettere a lui attribuite siano state in realtà scritte
da più mani, ma forse sotto un'unica regia, allo scopo di
diffondere l'istituzione dell'eucaristia e della redenzione nel mondo
cristiano che stava nascendo.
Esse
vennero diffuse nelle Province dell'Impero nel III secolo e
influenzarono i Vangeli che scaturiranno dal Concilio di Nicea del
325. La dottrina in esse contenuta collimava in molti punti coi
culti pagani misterici, diffusi in Occidente già alcuni secoli
prima del Cristianesimo che ponevano l'immortalità a base della
loro dottrina e la associavano alla redenzione di un Dio che si
incarnava in una vergine mortale per redimere l'umanità dalle sue
colpe e renderla degna di una vita eterna e beata in un mondo
utopistico, collocato nell'aldilà.
A
fondamento della teoria paolina, quindi, c'è la credenza
dell'immortalità dell'anima, divenuta per Paolo la colonna portante
della nuova religione che stava nascendo. Questa era molto diffusa
tra i pagani seguaci delle Religioni Misteriche, ma totalmente
ignorata dagli ebrei.
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