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martedì 14 novembre 2017

Peccato e redenzione n. 35

Complessivamente, dal 6 d.C., nascita dello zelotismo messianico nazionalista, al 135 d.C., fine dello stato di Israele, a causa delle sommosse zelote e delle guerre da esse provocate, oltre alle molte città incendiate e rase al suolo, perì più di un milione di ebrei, senza considerare gli schiavi catturati, il cui numero fu talmente elevato da far crollare il mercato, e quanti, inoltre morirono per fame, per malattia e per gli incendi, cosicché al tempo di Adriano quasi tutta la Giudea era rimasta spopolata” (Dione Cassio Storia Romana LXIX 13,1-2).
Questa incredibile carneficina umana, di immani proporzioni, ci porta a fare un'inquietante considerazione. Come è possibile che mentre in Palestina si susseguivano massacri, continue rivolte sanguinosamente represse, crocefissioni, lotte fratricide tra fazioni ostili e distruzioni di villaggi e città, tutto storicamente documentato, di tutto ciò nei nostri Vangeli non vi sia la minima traccia; che mentre un Messia ebraico, proclamatosi Figlio di Dio, vagava nei villaggi, seguito da folle esultanti per i suoi miracoli e le sue "parabole", questo Messia risulti del tutto incredibilmente inconsapevole o indifferente a quanto gli accadeva intorno; che i dodici Apostoli che lo seguivano qualificati, negli stessi Vangeli, coi nomi partigiani: “zeloti”, “iscarioti”, “barionà” e “boanerghès”, cioè “fanatici nazionalisti”, “sicari”, “latitanti, ricercati” e “figli dell'ira”, vengano evangelicamente presentati come mansueti e docili predicatori di pace, sempre pronti ad offrire l'altra guancia? Tutto ciò ha dell'assurdo. Leggendo i nostri Vangeli la Galilea di allora ci viene presentata come un'oasi di pace e di esultanza dove Gesù è sempre immerso in un bagno di folla festante mentre, invece, la storia ci dice che era esattamente l'opposto, cioè scossa continuamente da violente sommosse e repressioni.
Perché tutto ciò è sparito dai Vangeli e da ogni documento del Nuovo Testamento? Perché bisognava creare nei nuovi “Sacri Testi” del nascente Cristianesimo una raffigurazione del Messia ebreo, diversa dallo zelota nazionalista modellato su Giovanni di Gamala, figlio di Giuda il Galileo. Ecco quindi che durante il Medioevo, i clerici amanuensi dei monasteri, ricopiarono, alterandoli con aggiunte e soppressioni anche vistose, i rotoli manoscritti o codici originali degli storici imperiali ereditati dalla Chiesa, in seguito alla caduta dell'Impero romano, e poi, dopo la copiatura, li distrussero del tutto. A noi restano solo copie datate dal X secolo in poi. Così i copisti di "Antichità Giudaica" di Giuseppe Flavio - l'opera più ricca di particolari e riferimenti storici risalenti al periodo evangelico - hanno tagliato nel XVIII libro tutte le azioni sanguinose del movimento nazionalista di liberazione, allo scopo di nascondere i nomi dei capi guerriglieri catturati dai romani, corrispondenti al rabbino fariseo Giovanni, e ai suoi fratelli aventi lo stesso nome dei fratelli di Gesù. I codici dell'apparato critico biblico (vedi “Novum Testamentum Graece et Latine”, A. Merk – Roma – Pontificio Istituto Biblico, anno 1933), che nel brano di Matteo (Mt 13,55-56) elenca i figli di Maria, tra i suoi figli, includevano anche “Iohannes” Giovanni, sono stati esclusi dal "canone", per nascondere che Gesù era il figlio primogenito di Giuda il Galileo e martire zelota sacrificato alla causa nazionalista giudaica. Il testo greco più antico in assoluto, contenente originariamente i libri di "Antichità Giudaiche" è il "Codex Palatinus MS 14", che si trova nella Biblioteca Vaticana. Datato al decimo secolo è mancante dei libri XVIII, XIX e XX, proprio quelli attinenti l'epoca di Gesù e dei suoi successori.

Cosa vi dice questo? Anzitutto, che la Chiesa ha commesso un crimine immane contro l'umanità intera alterando e distruggendo i codici, ad essa affidati per salvarli dalle invasioni barbariche, che testimoniavano gli avvenimenti del mondo antico; e ciò al solo scopo di mascherare la sua falsa origine e la sua contrastata evoluzione. Secondariamente, che la Chiesa ha sempre saputo che il suo Cristo, chiamato Gesù nei Vangeli, era Giovanni di Gamala, un capo zelota e i suoi Apostoli erano suoi fratelli.    

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)