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martedì 21 novembre 2017

Peccato e redenzione n. 37

Paolo viene descritto dotato di poteri divini miracolistici straordinari, addirittura superiori a Gesù. Risuscitava i morti (At 20,9-10), guariva gli storpi (At 14,8-10) e chiunque fosse affetto da un qualsiasi male solo a contatto della sua ombra "Dio operava prodigi straordinari per opera di Paolo, al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui, le malattie cessavano e gli spiriti maligni fuggivano" (At 19,11).
Solo che le sue gesta, come quelle di Gesù, assolutamente incredibili, sono state totalmente ignorate dagli storici e pure dalle Epistole, rilasciate a futura memoria, dagli apostoli Giacomo, Giovanni e Giuda. Gli evangelisti, che secondo la cronologia degli scritti del Nuovo Testamento, compilarono i loro Vangeli dopo le Lettere di Paolo, avrebbero dovuto almeno citarlo in qualche modo. Invece, silenzio assoluto, da parte loro ma anche da parte dei primi Padri della Chiesa. Allora ci chiediamo: questo Paolo è veramente esistito o è stato soltanto una ideologia “incarnata” in un mitico nuovo apostolo di Gesù”, resasi necessaria per revisionare il messianismo zelota, dopo le guerre di Tito, Traiano e Adriano, e aprirsi, con una evoluzione successiva, ai culti misterici pagani della “salvezza” oltre la morte, sino al punto di ottenere la grazia di risorgere con un corpo incorruttibile per l'eternità; di adottare la liturgia teofagica (consistente nel cibarsi della carne e del sangue di un dio immolato, simbolicamente rappresentati dal pane e dal vino) a similitudine di quella praticata nei riti pagani in onore del dio Mitra e di altre divinità legate ai culti misterici; e, infine, sotto il profilo politico, di creare una dottrina antisemita proclive al dominio di Roma che accettasse la schiavitù e tutti gli ordinamenti dell'Impero romano.
E’ bene stare sottomessi e pagare i tributi perché quelli dediti a questo compito sono funzionari di Dio” (Rm 13,1); “Schiavi, obbedite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore” (Ef 6,5);“Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite perché non c’è autorità se non da Dio, e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio” (Rm 13,1/7).
Paolo, il nuovo apostolo dei Gentili, se avesse predicato questi principi al tempo di Giovanni di Gamala sarebbe stato lapidato all'istante, a furor di popolo. Ma i tempi stavano velocemente cambiando e verso la fine del III secolo, con l'aggravarsi della crisi economica e dell’incapacità militare dell'Impero romano di difendere i propri confini, si era determinata la perdita di credibilità popolare nei confronti delle Divinità capitoline tutelari di Roma e ciò aveva favorito la diffusione di molteplici religioni orientali, fra le quali, in un primo momento, primeggiò il culto di Mitra, dio del Sole, ma favorì anche la diffusione del Cristianesimo paolino, promotore del Credo della "salvezza per la vita eterna" che faceva presa su masse crescenti di nuovi proseliti.
Questa dottrina offriva ai Gentili l'illusione dell'immortalità dell'anima tramite un sincretismo liturgico voluto da Dio; a tal fine istituiva l'eucaristia, il sacrificio teofagico pagano, che Paolo, nella prima Lettera ai Corinzi (1 Corinzi 11, 23-29 ), affermava di aver ricevuta, in una visione celeste, direttamente dal Signore che l'aveva istituita nell'ultima cena quando aveva trasformato il vino del suo calice nel proprio sangue da far bere ai seguaci.
Ma l'innesto del sacrificio eucaristico teofagico del "Salvatore" pagano nella religione ebraica tramite il Messia dei Giudei si dimostrò improponibile perché, essendo "Yeshùa" Salvatore un "Nazireo" e al contempo "Dottore della Legge", come veniva connotato il Messia nei primitivi Vangeli, non avrebbe mai potuto trasformare il vino nel suo sangue, in totale contrasto con la fede masaica; pertanto gli ideologi cristiani modificarono la forma originaria ebraica da "Nazireo" in "Nazareno" e questa mutazione la giustificarono nei Vangeli con l'appartenenza di Gesù alla sua nuova patria, appositamente inventata: la città di "Nazaret" di Galilea.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)