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venerdì 12 aprile 2013

A proposito del battesimo di Gesù (Prima parte) 30


Il battesimo di Gesù ha sollevato fin dall'antichità delle perplessità. La prima ce la fornisce Marco quando ci informa che il battesimo di Gesù ad opera di Giovanni aveva un carattere espiatorio in quanto determinava la remissione dei peccati. Il fatto, quindi, che venisse impartito a Gesù, che secondo la dottrina della Chiesa è assolutamente senza colpe essendo figlio di Dio, presupponeva in lui la consapevolezza del peccato. Ciò ha provocato un certo sconcerto negli altri evangelisti.

Già Matteo si vide costretto a tentarne una giustificazione, rispetto al carattere espiatorio del battesimo fornito da Marco, inserendo un dialogo teso a dimostrare che il Battista era perfettamente consapevole dell’innocenza di Gesù quando gli dice: «Io dovrei essere battezzato da te, e tu vieni da me?» Ma Gesù gli risponde: «Lascia che ciò accada, per ora».

In Luca, che presenta Giovanni nell’atto di rendere omaggio al Salvatore non ancora nato, nel seno materno (Lc. 1, 41 sgg.), l’imbarazzante battesimo di Gesù viene appena sfiorato in una frasetta secondaria “Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo” (Lc. 3, 21).

Il quarto e ultimo Vangelo di Giovanni omette del tutto il battesimo
di Gesù, sostituendolo con un inno solenne al Salvatore "Giovanni gli rende testimonianza e grida: "Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me"(Gv 1, 15 sgg.) , e polemizza sottilmente con il Battista, che la Chiesa convertirà poi in «precursore» di Gesù, mentre in realtà ne fu il concorrente.

Anche i cristiani posteriori cercarono di attenuare l'importanza del battesimo in maniera sempre più imbarazzata per non dire assurda. Sant’Ignazio espresse l’opinione che col battesimo il Signore avesse voluto santificare l’acqua, e mille anni dopo Tommaso d’Aquino condivise ancora il parere di questo vescovo.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)