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martedì 23 aprile 2013

Gli evangelisti posteriorei a Marco, oltre a Gesù, idealizzarono anche gli apostoli. 33


Il processo evangelico di idealizzazione, con cui Matteo, Luca e Giovanni affinarono e innalzarono sempre di più la figura del «Cristo» fino a divinizzarlo, finì col coinvolgere anche gli apostoli che in Marco sembrano piuttosto sprovveduti e faticano a capire spesso le parabole del Maestro.

Già Matteo abbellisce la loro immagine rispetto a Marco per mezzo di correzioni o di omissioni. Se, ad esempio, Marco dice che i discepoli non capiscono Gesù, Matteo, nei passi analoghi lo omette. Più di una volta in Marco Gesù dice agli apostoli: «Non comprendete ancora?» Matteo, capovolgendo le parole di Gesù, scrive: «Allora compresero» (Cfr. Mc. 8, 21 con Mt. 16, 12). Se Marco racconta che ad avanzare la richiesta superba di poter sedere alla destra e alla sinistra del trono del Signore furono personalmente Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, Matteo assolve i due apostoli dall’accusa di ambizione, dicendo che fu la loro madre ad avanzare tale pretesa .

Matteo, quindi, capovolge tutto ciò che Marco scrive a proposito delle scarse capacità intellettuali degli apostoli e trasforma spesso un rimbrotto in elogio. Esempio: Gesù in Marco rimbrotta i discepoli dicendo: «Non comprendete questa parabola? Come potete allora essere in grado di capire parabole?» Ma Matteo nel passo corrispondente li esalta dicendo: «Ma i vostri occhi sono beati, perché vedono, e le vostre orecchie perché sentono» (cfr. Mc. 4,13 con ML 13, 16).

Nel terzo Evangelista questa tendenza alla trasfigurazione è ancor più accentuata. Luca, infatti, omette del tutto la superba richiesta dei figli di Zebedeo, avanzata, secondo Matteo, dalla loro madre, e allo stesso modo cassa il rimprovero di Gesù a Pietro: «Via dai miei occhi, Satana!», e passa sotto silenzio la fuga dei discepoli durante l’arresto di Gesù.

Il Vangelo più antico fu, dunque, meno apprezzato dal cristianesimo primitivo, ed è significativo che i Padri della Chiesa lo abbiano commentato assai raramente e che in numerosi manoscritti antichi esso sia stato relegato all’ultimo posto. E ancor oggi la Chiesa attribuisce la priorità al Vangelo di Matteo, proprio per il fatto che si tratta di un’edizione accresciuta e corretta di quello di Marco. Persino un teologo cattolico Wikenhauser, scrive che Matteo e Luca ebbero «sicuramente» l’intenzione di «creare qualcosa di migliore e di più completo rispetto a Marco». Evidentemente lo Spirito Santo,sonnacchioso in Marco, si è risvegliato in pieno solo nei Vangeli di Matteo e Luca.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)