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martedì 21 maggio 2013

A proposito dei miracoli evangelici. (Parte seconda) 41


Continuiamo a rilevare altre discrepanze sui miracoli tra gli evangelisti.
Nel Vangelo di Marco, dopo il racconto della morte di Gesù, si dice semplicemente: «Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, dall’alto in basso» (Mc. 15,38). Ma Matteo trasforma questo piccolo evento avvenuto all'interno del tempio in un accadimento epocale, aggiungendo alla notizia di Marco: «...la terra si scosse e le rocce di spezzarono, i sepolcri si spalancarono, e molti corpi di santi morti risuscitarono, e dopo la sua resurrezione uscirono dai sepolcri, entrarono nella città santa e apparvero a molti» (Mt. 27, 51). 

Chissà perché ai quaranta storici greci, latini ed ebraici contemporanei a Gesù tutte queste incredibili avvenimenti sfuggirono del tutto! Nessuno di loro,infatti, nemmeno Giusto di Tiberiade che viveva a Cafarneo, e Filone Alessandrino che era di casa a Gerusalemme, hanno mai scritto una virgola sull'accaduto riferito da Matteo.

Qualche volta Matteo incrementa i miracoli di Marco anche col più rapido compiersi d’un evento.Ne è un chiaro esempio la maledizione dell’albero di fico; in Marco la pianta si secca dopo un giorno, in Matteo «immediatamente». In Marco, Pietro si ricorda dell’accaduto solo il giorno seguente, passando vicino all’albero, in Matteo, i discepoli discutono dell’immediatezza del portento subito dopo la maledizione. 

Singolare il fatto che Matteo e Luca ignorino due miracoli narrati da Marco. Ma la dimenticanza forse ha una spiegazione imbarazzante. Si tratta per l’esattezza della guarigione del sordomuto e del cieco a Betsaida (Marco 7, 31 sgg e 8, 22 sgg.), operata da Gesù ponendo la propria saliva sulla lingua del muto e sugli occhi del cieco, e poi con l’imposizione delle mani. Ma tale metodo allora a tutti ben noto e usato comunemente dai comuni ciarlatani dell'epoca ai due evangelisti non è sembrato all'altezza di un taumaturgo divino e quindi andava messo sotto silenzio.

Per le medesime ragioni, il quarto evangelista omette del tutto il racconto delle quotidiane guarigioni degli ossessi, ritenendole piuttosto plateali.
L’assenza di queste esorcizzazioni di demoni nel Vangelo di Giovanni appare
tanto più singolare se si pensa che se fosse stato veramente il figlio di Zebedeo, il Giovanni autentico, avrebbe attribuito una grande importanza proprio agli esorcismi di Gesù, come risulta dai sinottici. Ma invece di privilegiarli, li passa sotto silenzio. 

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)