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martedì 14 maggio 2013

Il Vangelo di Giovanni scritto per provare la divinità di Cristo. (Sesta parte) 39


In questo Vangelo, ormai profondamente caratterizzato da tratti teologici e apologetici, il Gesù storico non ha più alcun ruolo in quanto sostituito totalmente dal Cristo divinizzato. Le notizie dei Sinottici, usate dall’evangelista a suo piacimento, vengono spesso radicalmente riplasmate. La Galilea, patria di Gesù e per gli altri evangelisti il palcoscenico autentico della sua attività pubblica, qui scompare. Gesù opera per lo più a Gerusalemme contrapponendosi a quanti affermavano che il divino Messia, originario del villaggio di Nazareth, per tutta la vita avrebbe predicato davanti alla povera gente ignorante della provincia, limitandosi a una brevissima comparsa a Gerusalemme.

Parole o echi del Gesù sinottico sono rare nel quarto Vangelo e i discorsi del Maestro sono spesso ridotti a prolissi commenti di esclusiva invenzione giovannea. Infatti il Cristo giovanneo parla solo in apparenza con la gente che lo circonda perché le sue parole sembrano rivolte alle comunità cristiane del II secolo. Ciò è ben dimostrato dal «colloquio» di Gesù con Nicodemo, bramoso di salvezza, nel quale affiora tutta una serie di dogmi creati successivamente dalla Chiesa e che Nicodemo non avrebbe mai potuto capire e ancor meno lo avrebbero potuto capire tutti i contemporanei di Gesù. Quindi Giovanni scrive per persone colte, usando esangui allegorie e didattica monotonia, che il Gesù storico si sarebbe guardato bene da usare volendo entusiasmare le masse della Galilea e che i suoi avversari avrebbero ritenuto delle elucubrazioni un po' folli e tutt'altro che pericolose.

Gli avvenimenti evangelici riferiti dai sinottici su Gesù, già assai lontani dalla realtà storica, nel Vangelo di Giovanni vengono completamente mitizzati. Mentre il Gesù sinottico parla relativamente poco di sé, in Giovanni si colloca al centro dell’attenzione e fa della propria missione e divinità l’oggetto quasi esclusivo della propria predicazione. Già nel III secolo lo scrittore Origene osservava che nei Sinottici Gesù appare ancora «umano», mentre in Giovanni viene pressoché divinizzato e addirittura proclamato preesistente ad Abramo. Spesso le definizioni di Giovanni mal si conciliano fra loro o sono in completa contraddizione. Come conciliare infatti le affermazioni che Gesù è contemporaneamente: «Re dei giudei» e «Redentore del mondo». L'una cosa esclude l'altra.

Nel Cristo giovanneo divinizzato, ogni tratto d’umanità viene accuratamente evitato e anche la morte viene affrontata senza batter ciglio. Della lotta con le profonde angosce spirituali del Gesù sinottico nel Getsemani non v’è più traccia e durante l’arresto il suo atteggiamento è mirabilmente maestoso e perfino melodrammatico perché con una sola parola egli abbatte gli sgherri al suolo.
Per quanto riguarda la morte di Gesù, nel quarto Vangelo egli non spira col grido di disperazione raccontato da Marco e Matteo: "Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato", ma col detto eroico, più esattamente eracleico: «È compiuto». Infatti, allo stesso modo spirò anche Eracle, uno dei modelli più sorprendenti della figura biblica di Cristo.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)