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venerdì 7 novembre 2014

I Vescovi consolidarono la loro posizione personale utilizzando ad libitum il denaro delle comunità cristiane

Mentre svaniva l’influenza degli spirituali (Profeta e Maestro) si consolidava per contro la posizione dei Vescovi e dei Presbiteri, il cui prestigio crebbe sempre di più, essendo normalmente i dispensatori di denaro e di altri beni, dai quali erano totalmente dipendenti i componenti più poveri delle comunità, allora di gran lunga prevalenti. E dopo che i Vescovi ebbero subordinato i Presbiteri, disposero discrezionalmente di tutte le entrate e le donazioni, diventando nel III secolo i responsabili dell’amministrazione patrimoniale, cioè «cassieri», una funzione non propriamente religiosa.

E mentre Gesù aveva raccomandato ai discepoli «Avete ricevuto gratuitamente, e gratuitamente dovrete dare» (Mt. 10 ,8 sg.) e lo stesso Paolo si procurava il proprio sostentamento con un guadagno secondario, facendo il costruttore di tende per i romani e ne era addirittura fiero, i vescovi a partire dal III secolo si arrogarono il diritto di coprire tutte le spese del proprio sostentamento con la cassa della Chiesa, decidendo il livello degli stipendi dei propri sottoposti e operando tagli e concedendo aumenti a loro piacimento. Ebbero, insomma, il diritto di disporre senza limitazioni delle entrate delle Chiese e dei beni che amministravano dovevano rendere i conti solo al buon Dio.

All’inizio del II secolo ci sono già noti taluni dignitari, come ad esempio il vescovo Valente a Filippi, che amavano apertamente più le speculazioni finanziarie che il Signore. Certo, non era la regola generale, ma indubbiamente i Vescovi utilizzavano il denaro che affluiva alle Comunità per consolidare la loro posizione personale.

La disposizione del Sinodo di Antiochia (nel 341), che stabiliva di mettere sotto controllo il comportamento amministrativo dei vescovi, non trovò applicazione. I vescovi continuarono a servirsi dei capitali ecclesiastici a loro capriccio. Essi avevano un interesse specifico alla conversione dei ricchi, che riempivano le loro casse, con la conseguente modificazione dell’atteggiamento verso i ricchi e la proprietà, la quale conobbe una rivalutazione rispetto al passato. Si cominciò a guardare ai ceti superiori con occhi più benevoli, ma allontanandosi a poco a poco dal popolo e dallo spirito del Vangelo.


Alla fine del II secolo si consolidò la completa vittoria della burocrazia (preti e vescovi) sulla spiritualità (profeti e maestri) e il vescovo riunì nella sua persona tutti gli incarichi. A lui passò quel che prima era stato privilegio delle comunità autonome: l’esercizio della disciplina ecclesiastica, il sacerdozio universale dei fedeli, le prerogative carismatiche dei Profeti, la funzione dei Maestri e il patrimonio della Chiesa. Ora il potere era tutto nelle sue mani; era nata una «organizzazione personalistica», che avrà un ruolo importantissimo nella storia della Chiesa, ma che non trovava alcun riscontro nei dettami del Nuovo Testamento.


1 commento:

  1. Per favore chiedo al rimozione dei commenti alla pagina:
    http://impegno-laico.blogspot.it/2011/05/il-maxiscandalo-di-don-riccardo-seppia.html

    in quanto diffamatori.
    Grazie.

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)