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giovedì 27 novembre 2014

La Chiesa, millantando una falsa tradizione, legittimò l'ufficio episcopale mediante una inventata successione apostolica. 188

Per tutto il primo secolo e parte del secondo durante i quali non esistevano vescovi monarchi la Chiesa procedette a falsificazioni d’ogni genere per supportare il principio della tradizione che voleva un'ininterrotta successione episcopale a partire dall’epoca apostolica. Per il cristianesimo egizio, ad esempio, la storiografia ecclesiastica successiva inventò di sana pianta un’intera lista di vescovi.

Nel IV secolo Eusebio, padre della storiografia della Chiesa, introdusse di straforo non meno di dieci, nomi che non sono altro che pure invenzioni. Ad Alessandria la tradizione attendibile, invece, ha inizio solo col vescovo Demetrio (ca. 188-230), passato alla storia per essere stato un uomo brutale e rotto a tutte le infamie.
Anche la lista vescovile antiochena, composta da Giulio Africano nel II secolo sul modello dell’analoga lista egiziana, per colmare le lacune fino all'epoca apostolica ricorse a pure e semplici invenzioni.

Sull'esempio della successione apostolica in Alessandria e Antiochia, i vescovadi più celebri dell’antica Chiesa orientale, anche a Roma, si procedette nello stesso modo per cui il termine «apostolico» diventò il collante supremo ecclesiastico. Divennero così «apostolici»: la dottrina, la carica, il canone e, ovviamente, anche la «Chiesa stessa». Tutto ciò che le serviva era «apostolico» dedotto falsamente dalle Sacre Scritture, a loro volta, naturalmente «apostoliche». Infatti a mano a mano che procedeva nella fissazione dei dogmi e delle forme del culto, recependo usanze e parole chiave del giudaismo e del paganesimo, la Chiesa li rivestiva prontamente con panni apostolici che nessuno si preoccupava di verificare in quanto garantiti dalla tradizione a sua volta inventata. Perchè in verità, nel I secolo una Chiesa non esisteva affatto, e allorché nel II secolo se ne andò costituendo una, essa fu quella di Marcione, la quale, prima di quella cattolica, aveva una carica vescovile «monarchica» e il suo apostolo era Paolo.

L’applicazione alla successione episcopale del termine giuridico "successio" risale
molto verosimilmente all’ex avvocato Tertulliano. Un esempio può fornire un’indicazione del modo in cui egli credette di dimostrare la tradizione apostolica:

«Quel che è stato poi il contenuto della loro [degli Apostoli) predicazione o, con altre parole, della rivelazione loro affidata da Cristo, non si può... dimostrare per altre vie che non siano per l’appunto quelle stesse chiese personalmente fondate dagli Apostoli, in quanto essi stessi vi predicarono... Se è così, ne consegue con certezza che qualsiasi insegnamento che concordi....con quelle Chiese apostoliche dev’essere considerato come verità, in quanto possiede indubbiamente quel che le Chiese hanno raccolto dagli Apostoli, gli Apostoli da Cristo e Cristo da Dio. (Tert,praescr. 21).

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)