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venerdì 12 dicembre 2014

8 “L'invenzione del cristianesimo” - Parte prima. Ipotesi sulla nascita (Parte seconda)

Riguardo alla datazione della nascita di Gesù, altro contrasto insanabile tra i due evangelisti. Matteo fa nascere Gesù sotto Erode il Grande, verosimilmente verso il 7 a.C. (come concordano la maggior parte degli storici). Luca, invece, collegandosi al censimento del governatore Publio Sulpicio Quirinio, avvenuto nel 7 d.C., quando la Giudea era diventata provincia romana in seguito alla cacciata di Erode Archelao, figlio di Erode il Grande, e retta dal procuratore Coponio, fa nascere Gesù quattordici anni dopo.
Naturalmente nella Chiesa queste contraddizioni sono state rilevate e qualcuno, arrampicandosi sugli specchi, ha cercato di superarle inventando soluzioni acrobatiche.
Ad esempio, Eusebio di Cesarea, uno dei Padri della Chiesa, a proposito delle due diverse datazioni sulla natività, ipotizzò l’esistenza di un altro censimento effettuato al tempo di re Erode il Grande.
Ma l’ipotesi è fasulla per due motivi: primo, perché nessun documento storico latino o ebraico nomina questo censimento; secondo, perché l’evangelista Luca, presunto autore anche degli Atti, scrive testualmente: " [...] si sollevò Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse molta gente a seguirlo” (Atti 5,37). Ora questa sollevazione avvenne esattamente nel 7 d.C. come ci conferma lo storico ebreo Giuseppe Flavio.
Le contraddizioni sulla natività di Gesù non si fermano qui. Matteo e Luca dopo averci elencata tutta la genealogia di Gesù fino a Giuseppe, dimenticano il fatto più importante: che il padre di Gesù non era Giuseppe, ma lo Spirito Santo, per cui Gesù non poteva avere nessuna relazione con la stirpe di David.
La divinità di Gesù, quando venne imposta dai Padri della Chiesa nel III-IV secolo, comportò la necessità di disconoscere il suo concepimento sessuale e di inventarne uno teogamico, cioè dovuto ad un seme divino e non umano, e conseguentemente determinò il mito della verginità di Maria, totalmente ignorato dai cristiano-giudei di Gerusalemme come ci attesta Ireneo, importante padre della Chiesa, secondo il quale gli Ebioniti (appunto i cristiano-giudei di Gerusalemme) affermavano nel loro Vangelo (fatto sparire dalla Chiesa) che Gesù era stato concepito da Giuseppe (Ireneo, Contro gli eretici, III, 21,1).
Anche Paolo rinnega apertamente la verginità di Maria perché nelle sue Lettere, i documenti più antichi del Nuovo Testamento, proclama Gesù “nato dal seme di David secondo la carne” e attesta che fu «il primo di numerosi fratelli» (Romani 8,29).
I Vangeli confermano unanimi quanto dichiarato da Paolo e riconoscono espressamente che Gesù aveva quattro fratelli: Giacomo, Giuda, Giuseppe e Simone e diverse sorelle.
“Non è costui (Gesù) il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?” (Marco 6,3). E Paolo scrive in una sua Lettera: "Non abbiamo diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa [Pietro]?" (1 Corinzi 9,5).
Gli arrampicatori sugli specchi, sempre in vena di invenzioni, hanno cercato di negare il fatto che Gesù avesse dei fratelli, adducendo il pretesto che in ebraico i termini fratello e cugino spesso si confondono, quindi si tratta di cugini e non di fratelli. Ennesima bubbola perché tutti i documenti del Nuovo Testamento sono scritti in greco (nessuno di essi è in ebraico) e in questa lingua non c’è possibilità di confusione tra i due vocaboli; cugino e fratello sono due termini nettamente distinti. Il termine greco “adelfos” usato nei Vangeli e nelle Lettere di Paolo, significa soltanto fratello carnale. Paolo in Colossesi (4,10) quando accenna ai cugini usa il termine appropriato “anepsioi”.
Si è ricorso allora all’ipotesi che Giuseppe si sia sposato due volte e che i cosiddetti fratelli di Gesù siano i figli di primo letto. Ma non c’è nessuna documentazione che lo dimostri, tanto più che questi fratelli risultano di minore età rispetto a Gesù. Quindi, le pretese giustificazioni della verginità di Maria sono del tutto fasulle, oltre che assurde, come ci viene confermato anche da Giovanni quando scrive: "Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre" (Giovanni 6,42), in cui mostra di ignorare del tutto il parto verginale e il seme divino. Ma c'è un'altra contraddizione nel Vangelo di Luca che smentisce la verginità di Maria. Quaranta giorni dopo il parto, come tutte le donne d'Israele, Maria si recò al Tempio per esservi purificata (festa, fino a qualche anno fa, celebrata dalla Chiesa il 2 febbraio ed ora cancellata). Che bisogno aveva Maria di essere purificata se il suo era stato un parto virginale (cioè senza spargimento di sangue)? Come fa Luca, nel suo Vangelo, a conciliare il parto verginale e la purificazione di Maria?
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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)