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giovedì 2 aprile 2015

La proclamazione dell’infallibilità papale nel Concilio Vaticano I, portò alle estreme conseguenze l'assolutismo del pontefice romano. 206



Pio IX, l'ultimo papa monarca teocratico, nemico acerrimo dell'Italia e degli italiani, perché con bolle ed encicliche, emesse a raffica, tentò di ostacolare in ogni modo il riconoscimento del Regno d'Italia in Europa e nel mondo, col Concilio Vaticano I (1869-70), portò l'assolutismo papale alle estreme conseguenze proclamando il dogma dell'infallibilità del vescovo di Roma. Questo papa, nel disperato tentativo di riportare l’umanità indietro di due secoli, a prima dell’Illuminismo e della Rivoluzione Francese, già con l’enciclica “Quanta cura” dell’8 dicembre 1864, aveva scandalizzato tutti gli stati europei proclamando, senza mezzi termini, che la democrazia distruggeva la giustizia e la ragione.

A questa enciclica aveva accluso anche il Syllabo, che condannava, come “errori dell’età nostra”, le più significative conquiste della civiltà, tra le quali, in primis: democrazia, razionalismo, liberalismo, matrimonio civile, libertà di pensiero e di coscienza e, ciliegina sulla torta, la teoria nefanda che la Chiesa non dovesse possedere uno Stato per diritto divino.

Nella sua allocuzione poi del 22 giugno  1868, sempre questo papa funesto per noi italiani (beatificato dal papa polacco, nonostante l'opposizione di molti intellettuali cattolici che hanno considerato questa canonizzazione un affronto alle libertà democratiche e una sfida alla civiltà moderna) definì la Costituzione austriaca dell'anno precedente, nella quale tutte le associazioni religiose venivano equiparate e riconosciute dallo Stato, «una legge detestabile» (infanda).

Ma il capolavoro di questo papa, però. fu la proclamazione del dogma dell'infallibilità papale che fece inorridire gli Stati europei, alcuni dei quali protestarono per la protervia implicita nel fatto che, con questa proclamazione, la figura di ogni pontefice diventava oggetto di una devozione che sfiorava l’idolatria e che, come ebbe e dire San Giovanni Bosco, metteva il papa al di sopra degli angeli e allo stesso livello di Dio.

Non è molto conosciuto il fatto che il dogma dell’infallibilità originariamente non doveva essere oggetto delle discussioni conciliari e che le rimostranze dei rappresentanti dell’opposizione episcopale furono durissime ma inutili. Molti vescovi fecero presenti gli errori dogmatici dei Papi precedenti ed
evocarono la sicura reazione negativa della Chiesa d’Oriente e soprattutto del
Protestantesimo all’annuncio di un siffatto dogma. Il Vescovo tedesco Ketteler si
gettò ai piedi del Papa, scongiurandolo fra le lacrime: «Buon padre, salvateci e salvate la Chiesa di Dio!».

Ma Pio IX pervicacemente sostenitore della dottrina papalistica, con l'appoggio servile dei vescovi italiani, spagnoli e delle Missioni (che costituivano la maggioranza) ignorò l’opposizione, composta in prevalenza da vescovi tedeschi, ungheresi, francesi, americani e orientali, e nel gennaio del 1870 proclamò il nuovo dogma mentre gli oppositori lasciavano Roma ancor prima della votazione pubblica nella Basilica di S. Pietro.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)