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venerdì 8 aprile 2016

28– Il falso Jahvè. La controreligione del faraone Akhenaton. 6

Quando il tempio di Aton a Karnak di Tebe venne abbattuto, molti blocchi scolpiti dell'edificio furono impiegati per riempire due torri giganti che facevano da portale al vicino tempio di Amon-Ra. Negli anni Trenta del secolo scorso, le torri furono smantellate per essere ristrutturate e, al loro interno, vennero alla luce oltre quarantamila blocchi scolpiti che portavano incise le preghiere al Dio Aton e altre informazioni a lui inerenti. Questi blocchi, oggi chiamati i Talatat di Karnak, sono una vera manna per gli studiosi di Akhenaton.
La drastica restaurazione determinò un pesante tracollo di quella parte della società egiziana che si era sviluppata alla corte di Akhenaton. Ministri, funzionari e sacerdoti del nuovo culto furono esautorati e caddero in disgrazia. Probabilmente furono anche perseguitati.
E Mosè? È legittimo supporre che lui, principe della casa reale e sacerdote di Eliopoli addetto al culto del Dio Ra, possa essere stato un autorevole esponente della liturgia atoniana. Chiusa la sfortunata parentesi di Akhenaton, suo probabile parente, si sarebbe appartato alla periferia dell'impero, ripiegando su mansioni amministrative. Infatti Strabone ci fa sapere che Mosè era stato sacerdote ma anche "signore di una parte del Basso Egitto" (Geographica XVI, 2,35).
Anche Freud, il fondatore della psicanalisi, era convinto che per Mosè la morte di Akhenaton e l'abolizione della sua religione significasse la fine di ogni speranza. Avrebbe potuto continuare a vivere in Egitto come proscritto o rinnegato (S. Freud, op.cit.. pag. 384), ma Giuseppe Flavio ci dà su Mosè l'informazione più importante laddove ci fa sapere che durante la restaurazione e il momento di turbolenza politica che ne seguì, si ebbe nell'Alto Egitto l'invasione delle truppe etiopi, e il sovrano (Tut-ankh-Amon), non badando alle rimostranze dei preti di Ammon, affidò proprio a Mosè l'incarico di difendere l'integrità della nazione (Giuseppe Flavio, Antiquitates Judaicae II, 238-257).
Per il momento su Mosè ci fermiamo qui. Nel prossimo capitolo esamineremo a fondo la posizione che egli assunse nei confronti delle tribù semite che vivevano in condizioni di semischiavitù nella provincia di Gosen. Erano tribù che lui forse conosceva bene per averle governate in precedenza, e che adottò come suo popolo per trasmettere loro il monoteismo dei grandi misteri di Akhenaton.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)