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giovedì 14 aprile 2016

La Patristica. 256

Dal II secolo si realizza pienamente lo stravolgimento filosofico della dottrina di Gesù per opera degli Apologeti, che nel Cristianesimo antico diedero origine alla Patristica. Il Vangelo, da questi Padri della Chiesa, per essere accettato dalle persone colte, viene razionalizzato e trasformato in una filosofia della religione; il movimento essenzialmente escatologico degli inizi diventa un complicato sistema speculativo intellettualistico e la buona novella per i poveri, stemperata e obnubilata nella scienza greca. Dio diventa un oggetto di speculazione concettuale, dislocato via via nella sfera delle idee, delle sostanze e delle essenze metafisiche e Gesù , negli affreschi catacombali, viene raffigurato circondato dagli apostoli come il filosofo nella sua scuola filosofica.


Ma, nonostante le proclamate velleità intellettualistiche e filosofiche, la maggior parte degli scritti degli apologeti più antichi denunciano una commovente ingenuità, per cui se per caso giungevano nelle mani di imperatori colti o filosofi, cui talvolta erano indirizzati, venivano del tutto ignorati. Tertulliano, autore delle migliori opere apologetiche, confessò che i suoi scritti non sarebbero stati mai letti da uno che non fosse stato già cristiano. Però, i trattati degli Apologisti costituiscono le fonti principali per il cristianesimo del II e del III secolo, soprattutto per la teologia della Chiesa del tempo. Cirillo di Alessandria, nel V secolo ribadiva l’autorità dei «padri» in tutte le questioni di fede, e, per questa ragione, dichiarava la loro nascita opera «dell’intervento dello Spirito Santo».


Come spiegato nei post precedenti, il Gesù della storia scompare dietro le quinte negli Apologeti più antichi e sostituito dal Logos preesistente, un’idea trascendente ch’era possibile cogliere soltanto all’interno di categorie filosofiche. Il concetto prediletto di Gesù, il Regno di Dio, menzionato nei Sinottici circa 75 volte, non ricorre più nella grandissima parte di questi autori. Alcuni di essi non solo non citano mai il Nuovo Testamento ma neppure il nome stesso di Gesù, come possiamo constatare nel dialogo di Minucio Felice: Octavius. Anche il vescovo Teofilo, nei suoi scritti, tralascia totalmente la persona di Gesù: non parla né della sua nascita, né del suo operato, né della sua morte. Allo stesso modo si comportano Taziano e Atenagora.


Gli esperti cattolici giustificano questa carenza di motivi evangelici in molti Padri della Chiesa adducendo il fatto che ai pagani sarebbero risultati incomprensibili. Ma risulta evidente che, eliminano ogni elemento specifico protocristiano, posero le basi della teologia, della dogmatica e dell’etica cattoliche.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)