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venerdì 20 novembre 2015

102 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte ottava Considerazioni finali.

Dopo aver esaminato, sia pure a grandi linee, la genesi e l'involuzione del cristianesimo, e aver dimostrato, con dovizia di riferimenti storici che esso, fin dal IV secolo, si è trasformato nell'istituzione più criminale e oppressiva della storia dell'umanità, è indispensabile trarre le giuste conclusioni riconoscendo, con lucida consapevolezza, che questa iniqua religione continua ancor oggi ad imporci il più medioevale oscurantismo in ogni campo della vita civile e sociale; cioè: nella morale, nella cultura, nella politica e nella scienza.
Infatti, millantando i suoi valori non negoziabili, dedotti non dalla più genuina essenza umana ma dal sanguinario e dispotico dio biblico Jahvè, la Chiesa, che si considera l'erede più legittima del cristianesimo, continua ad imporci, con l'appoggio dei politici più arretrati e reazionari di molti Stati, come l'Italia, mille assurdi divieti che altro non sono che violazioni di ogni diritto umano e civile e di ogni libertà personale.
Fossilizzata sul demenziale ascetismo di Paolo di Tarso, essa persiste a considerare l'uomo il più infimo, degradato e spregevole essere del pianeta, tutto peccato e malvagità, condannato a battersi il petto in un perenne mea culpa, incapace quindi di esercitare una qualsiasi forma di libertà. Per cui la libertà, il diritto più assoluto e sacrosanto dell'uomo che gli consente di decidere autonomamente dei suoi pensieri, del suo comportamento, del suo corpo, del suo destino, è per la Chiesa il più satanico dei peccati.
Quindi tutto quanto fa l'uomo dal momento della nascita fino alla morte va costantemente sottoposto alla sua etica coercitiva sennò si traduce in peccato e spesso, con l'aiuto di politici conniventi, in reato. Ma l'etica cristiana, non derivando dall'uomo ma dai precetti del crudele totem tribale Jahvè, è un'etica disumana e oppressiva. nella quale è prevalente il dovere verso il suo dio geloso e crudele che non verso l'uomo e la natura, e ciò conduce spesso a conseguenze estreme.
La storia ci insegna che per la Chiesa Cattolica è stato considerato per molti secoli etico praticare la schiavitù e l'antisemitismo, distruggere i templi pagani e le sinagoghe, mandare al rogo gli eretici, bandire crociate contro gli infedeli, costringere intere popolazioni alla conversione coatta, imprigionare e condannare a morte i liberi pensatori, contrastare con feroce oscurantismo i progressi della scienza e compiere infinite altre atrocità, sempre nel nome del suo dio buono e misericordioso.
L'etica cattolica ha sempre consentito le infamie più atroci ed è stata sempre dominata da un dettame mercantile e materialistico, riassunto nel motto: devi perseguire il bene (quello dedotto dal suo falso dio) per ricevere un premio, devi rifuggire il male (le offese a questo falso dio) per evitare un castigo. Ci può essere una morale più meschina e squallida di questa? Pensate che per la Chiesa il bene fatto per se stesso, se non produce qualche merito per il paradiso, è del tutto inutile.
E invece, no. L'essere umano non ha bisogno, per regolarsi nella sua vita morale, di alcun dio; la legge morale è una produzione umana e non dipende da alcuna legge divina. La vera etica è quindi quella senza dio. L’etica nasce con l’uomo, cresce e muore con l’uomo, è la sua inseparabile compagna: non vi è etica senza umanità. Essa deriva dalla forza incredibile della razionalità e della libertà dell’uomo in quanto essere unico ed irripetibile, e ha come caratteri principali: la solidarietà e l’empatia, che spingono gli esseri umani a sentirsi partecipi della gioia e della sofferenza dei loro simili; il profondo senso di giustizia, che fa sentire un’offesa fatta ad un altro uomo come un’offesa fatta all’intera umanità; l'esaltazione della libertà, a cui si può imporre un limite solo per salvaguardare i diritti di altri individui o gli interessi comunitari della società; l’assoluta uguaglianza degli uomini di fronte alle leggi; la ragione come faro che illumina il percorso dell’umanità.
Tutto questo descrive un’etica universale, un’etica non dogmatica, un’etica che può far sentire ogni uomo cittadino del mondo e non suddito di un dio o di suoi millantati vicari.
Immanuel Kant, il massimo filosofo tedesco, ci ha insegnato di basare la morale sul dovere per il dovere, anziché sul dovere per precetto divino. Il suo famoso imperativo categorico: «Agisci in modo che tu possa volere che la massima della tua azione divenga legge universale» ci impone di perseguire il bene per se stesso e non come mezzo per raggiungere un fine, e di considerarlo come una legge interiore all'uomo, frutto del suo retaggio evolutivo. Questo è il fondamento della vera morale.
L’uomo laico rifiuta quindi il materialismo etico. Lui dissocia morale e trascendenza e proclama che il bene non ha bisogno di dio, del cielo, di un premio, ma basta a se stesso e obbedisce alla necessità immanente all’uomo di porsi una regola del gioco, un codice di condotta che garantisca la felice convivenza tra gli uomini e ne promuova la fratellanza.
Questa è l'autentica morale che egli persegue, non quella mercantile e utilitarista delle religioni. Per lui, quindi, non vale la puerile minaccia dell'inferno o l'altrettanto puerile lusinga del paradiso. L’azione deve essere buona, retta e giusta, senza obbligazioni o sanzioni trascendenti. Se l’uomo accoglie un’etica religiosa distrugge la libertà di cui è depositario, annienta la razionalità, delega ad altri quella scelta che dovrebbe essere personale ed unica. Non solo non è vero che senza dio non può darsi l’etica, ma anzi è solo mettendo da parte dio che si può veramente avere una vita morale.
E per finire, il cristianesimo ha tolto all'uomo la gioia di vivere e di ricercare la felicità terrena . Anche se l'ascetismo, imposto da Paolo e dai Padri della Chiesa con l'attuale società sempre più secolarizzata, ha perso gran parte della sua iniziale virulenza, esso persiste ancora subdolamente, costringendo molti Stati, come l'Italia, a negare o ridurre i più elementari diritti civili (vedi, ad esempio, l'imposizione della nutrizione e idratazione forzate nel testamento biologico, il divieto assoluto al riconoscimento giuridico delle unioni di fatto sia etero che omo, l'ostruzionismo alla libertà contraccettiva e all'uso delle staminali per la sperimentazione medica, le assurde leggi sulla procreazione assistita), rendendo così grama e infelice la vita di molte persone.
Tutto ciò è un crimine mostruoso contro l'umanità che aspira ad una vita libera serena e felice su questa Terra. Infatti la vita umana ha valore non malgrado la propria finitezza, ma proprio perché essa è finita e casuale e va quindi considerata unica e irripetibile.
Perché la vita terrena è la nostra sola certezza. Qui siamo sicuri di esistere, ne abbiamo in ogni istante la consapevolezza. L'aldilà è soltanto una chimera, imposta agli uomini a caro prezzo come illusione. Solo quando avremo smesso di illuderci di essere immortali, come ci fa credere la religione, senza produrre nessuna prova al riguardo, e avremo accettato la nostra condizione di esseri provvisori su questa Terra, recupereremo la volontà di vivere nel migliore dei modi possibili, in armonia con la nostra umanità più genuina, libera e sovrana, e nella massima disponibilità alla pacifica, serena, ed empatica fratellanza universale.
Solo allora il mondo cesserà di essere una valle di lacrime, come lo vogliono le religioni oscurantiste, finiranno le continue guerre e intolleranze religiose che oggi insanguinano il pianeta, e il genere umano conoscerà finalmente un'era di maggior benessere generale e vedrà la nascita di elevate forme di autentica spiritualità. Questa nuova epoca avrà un unico principio inderogabile e non negoziabile: garantire la massima felicità possibile a tutti gli esseri umani, anche a quelli che vivono nel più sperduto angolo del nostro pianeta, o che la natura, alle volte matrigna, ha impietosamente discriminato. E la religione verrà soppiantata dalla “pietas” riportata al significato che le era proprio nella cultura classica, cioè come virtù civile e come espressione della più profonda umanità.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)