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venerdì 27 novembre 2015

104 - “L'invenzione del cristianesimo” - Le fonti del Nuovo Testamento. Il vero Vangelo distrutto dalla Chiesa

Prima di esaminare i Vangeli, sia pur brevemente, dobbiamo fare un'amara constatazione. Tra essi manca il Vangelo più importante, quello che, oltre ad essere stato il primo ad apparire, è stato anche la matrice degli altri. È conosciuto come il "Vangelo degli Ebrei" e fu definito da San Paolo il "Vangelo maledetto", perché sconfessava il Gesù teologico da lui inventato e sosteneva soltanto quello messianico, crocifisso da Pilato.
Questo Vangelo fu fatto sparire dai Padri della Chiesa perché considerato contrario alla loro ortodossia. Scritto in ebraico e utilizzato dai primi giudeo-cristiani di Gerusalemme, il Vangelo degli Ebrei risaliva, nel suo nucleo originario, a pochi decenni dopo la morte di Cristo, ed era molto diverso dai nostri Vangeli canonici in quanto ignorava tutte quelle aggiunte inverificabili, di natura teologica e catechistica, che vanno dalla nascita verginale all'istituzione dell'eucaristia.
Pur contenendo forti richiami all'ascetismo esseno, escludeva tutti quei molteplici inviti all'amore per i nemici (che allora erano soltanto i romani oppressori) e alla non violenza che avrebbero suscitato scandalo e indignazione in tutto Israele, se fossero stati predicati nella Palestina del tempo, e scatenata la vendetta inesorabile degli zeloti. In esso Gesù era considerato il Messia davidico di natura umana e non divina, venuto a liberare Israele dal giogo romano; un ebreo ligio all'osservanza della Legge e non il fondatore di una nuova religione. In altre parole, Gesù non era stato demessianizzato e degiudeizzato come nei Vangeli posteriori. Veniva attribuito all'apostolo Matteo ed era chiamato sia il Vangelo secondo gli Ebrei, sia il Vangelo secondo Matteo.
Secondo molti studiosi, questo Vangelo è stato il prototipo da cui sono derivati tutti gli altri ed è chiamato anche la Fonte Q.
Di esso, ci sono pervenuti soltanto brevi accenni che i Padri della Chiesa nei secoli II, III, e IV hanno riportato nelle loro opere al solo scopo di confutare i nazirei e gli ebioniti (nomi coi quali si designavano i cristiano-giudei della Chiesa di Gerusalemme) che lo considerarono come l'unico vero Vangelo.
Esaminiamo con attenzione quanto ci tramandano questi Padri della Chiesa:
"...(gli Ebioniti) seguono unicamente il Vangelo che è secondo Matteo e rifiutano l'apostolo Paolo, chiamandolo apostata della legge..." (Ireneo, Contro gli eretici, I, 26, Jaca Book, Milano, 1981) ;
"...(I Nazirei) accettano unicamente il Vangelo secondo gli Ebrei e chiamano apostata l'apostolo (Paolo)..." Teodoreto, Storia Ecclesiastica, II, 1, Città Nuova, Milano, 2000);
"...costoro (gli Ebioniti) pensavano che fossero da rifiutare tutte le lettere dell'apostolo (Paolo), chiamandolo apostata della legge, e servendosi del solo Vangelo detto secondo gli Ebrei, tenevano in poco conto tutti gli altri..." (Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, III, 27, op. cit.);
"...Gli Ebioniti, pertanto, seguendo unicamente il Vangelo che è secondo Matteo, si affidano solo ad esso e non hanno una conoscenza esatta del Signore..." (Ireneo, Contro gli eretici , III, 11, op.cit.) ;
"...nel Vangelo che essi (gli Ebioniti) usano, detto "secondo Matteo", ma non interamente completo, bensì alterato e mutilato, e che chiamano "ebraico"... hanno tolto la genealogia di Matteo..." Epifanio, Panarion, adversus omnes haereses, XXX, 13, 6, E. J. Brill, Leiden, 1987-1994);
"...(I Nazirei) posseggono il Vangelo secondo Matteo, assolutamente integrale, in ebraico, poiché esso è ancora evidentemente conservato da loro come fu originariamente composto, in scrittura ebraica.." (Epifanio, Panarion, adversus omnes haereses, XXIX, op. cit.);
Da questi frammenti trasmessici dai Padri della Chiesa noi possiamo trarre alcune considerazioni importanti.
Anzitutto, accusando il Vangelo degli Ebrei di essere "non interamente completo, bensì alterato e mutilato", ci fanno capire che le mutilazioni riguardavano le mancate aggiunte teologiche inserite nei Sinottici, quali ad esempio: il processo ebraico, la nascita verginale, l'istituzione della eucaristia, la degiudeizzazione e spoliticizzazione di Gesù e così via.
A conferma di ciò l'asserzione di Epifanio, riportata sopra, che il Vangelo usato dai Nazirei era "assolutamente integrale, in ebraico[…] conservato da loro come fu originariamente composto", cioè senza le manomissioni e le aggiunte fatte dai seguaci di Paolo nei Vangeli canonici.
C'è poi un altro punto importante citato da Ireneo, che recita: " (i nazirei) non hanno una conoscenza esatta del Signore". Perché? Perché i cristiano-giudei non credevano che Gesù fosse Figlio di Dio, avesse cioè una natura divina come voleva la teologia paolina, ma lo consideravano soltanto un Messia di natura umana, cioè l'Unto di Jahvé destinato a ricostituire l'antico regno di David. Con l'eliminazione della versione originale del Vangelo degli Ebrei da parte della Chiesa abbiamo perduto il documento chiave che poteva far luce sulla reale personalità di Gesù e sugli avvenimenti storici che lo riguardavano.
I Vangeli canonici sono opere mitologiche e devozionali, quindi. Non ci raccontano la verità storica di Gesù (anche se ne lasciano intravedere qua e là dei frammenti, dai quali noi possiamo ricavare molti indizi, come ad esempio, che gli apostoli erano sicuramente zeloti), ma teologia dedotta dagli scritti di Paolo.
A.N. Wilson nel suo libro "Paolo" (Rizzoli, Milano, 1997) li definisce "romanzi teologici". Definizione che ritengo perfetta. Essi furono redatti fuori e lontano da Israele, in centri di cultura “ellenistica"; si svilupparono, quindi, dal cristianesimo non ebreo derivato da Paolo e dai suoi seguaci gentili. Sono stati scritti dopo le Lettere di Paolo e paiono una loro derivazione.
Le Lettere di Paolo, infatti, che per prime nominano la parola "Vangelo", vedono Cristo come il mitico Redentore immolatosi sulla Croce per la salvezza dell'umanità.
I Vangeli trasmettono questo messaggio fondamentale e potrebbero essere visti come storie finalizzate al racconto della resurrezione di Gesù, intesa come il punto culminante della Redenzione. L'essenza dei Vangeli che ce li rende così spiritualmente pregnanti, come la loro insistenza sulla pace, l'amore per il prossimo, il perdono dei nemici e la fratellanza universale, sono una creazione completamente paolina. Se Paolo non fosse esistito non solo non avremmo avuto i Vangeli ma nemmeno il cristianesimo.
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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)