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martedì 24 novembre 2015

103 - “L'invenzione del cristianesimo” - Le fonti del Nuovo Testamento. Premessa

A conclusione della trattazione della triplice metamorfosi della figura di Gesù nei primi secoli della nostra èra e della nascita e mondanizzazione della Chiesa, vengono qui esaminati i documenti canonici e storici che sono a fondamento del cristianesimo e ai quali si è fatto di continuo riferimento nel corso del libro.
Le fonti sulle quali si basa il cristianesimo comprendono: i documenti canonici, i libri apocrifi, i documenti di storici ebrei e latini, gli scritti apologetici e teologici degli antichi Padri della Chiesa e i Manoscritti del Mar Morto.
I 27 testi neotestamentari riconosciuti dalla Chiesa come canonici, come abbiamo già accennato all'inizio del testo, sono trascrizioni di trascrizioni di trascrizioni. Sono tutti scritti in greco e i più antichi codici a noi pervenuti, il Sinaiticus e il Vaticanus, risalgono al IV secolo.
Il secondo, custodito nella Biblioteca Vaticana, è incompleto e ha subito tre rappezzamenti. Il primo, quello Sinaiticus, così chiamato perché scoperto nel Monastero Caterino del Sinai, si trova dal 1933 nel British Museum di Londra e contiene per intero il Nuovo Testamento e persino due Apocrifi.
Nel 383 papa Damaso incaricò il dottore della Chiesa, Girolamo, di tradurre in latino l'intera Bibbia (l'Antico e il Nuovo Testamento), perché il greco era poco conosciuto in Occidente. Nei Concili di Firenze (1442), di Trento (1546) e del Vaticano I (1870) la Chiesa Cattolica proclamò come dogma di fede la dottrina dell’ispirazione divina della Bibbia, escludendo in essa qualsiasi errore. Quindi, ogni rilievo storico-critico sui ventisette testi neotestamentari e sulla Bibbia ebraica, è per la Chiesa improponibile, malgrado le innumerevoli contraddizioni, incongruenze e assurdità che essi contengono. I ventisette documenti canonici che la Chiesa riconosce come ispirati da Dio e a fondamento di tutta la sua dottrina, sono: i quattro Vangeli, attribuiti rispettivamente a Marco, Matteo, Luca e Giovanni; gli Atti degli Apostoli, attribuiti a Luca; l'Apocalisse, attribuita a Giovanni; le tredici Lettere di Paolo di Tarso; la Lettera di Giacomo, il Minore; le due Lettere di Pietro; la Lettera di Giuda; le tre Lettere di Giovanni e la Lettera agli Ebrei di incerta attribuzione.
Tutti questi documenti sono scritti in greco e furono elencati per la prima volta da Atanasio di Alessandria nel 367, ma formalizzati come canonici solo col “Decretum Gelasianum de libris recipiendis et non recipiendis” di Papa Nicola I nell'865.
La cernita avvenne dopo ripetuti ripensamenti, se consideriamo che l'Apocalisse rimase a lungo in discussione con alterne vicende. Per quanto riguarda i Vangeli, la Chiesa, dopo aver scelto come canonici i quattro che più le convenivano, dichiarò tutti gli altri “apocrifi”. Al di fuori dei testi canonici ci sono, quindi, altri racconti evangelici non riconosciuti dalla Chiesa, riferiti ad apostoli o a teologie diverse, come il Vangelo degli Egiziani, il Vangelo di Pietro, il Vangelo di Tommaso, il Vangelo di Filippo e il Vangelo di Maria di Magdala, il Vangelo di Giuda Iscariota, per citare i più importanti. Di essi possediamo dei frammenti più o meno lunghi.
Un discorso a parte meritano i Manoscritti del Mar Morto, scoperti nel 1947 e solo nel dicembre 2001 pubblicati integralmente. Sono di un'importanza fondamentale e gettano una nuova luce sui rapporti di Gesù con la setta degli esseni e sullo sviluppo dei cristiano-giudei, che costituirono la primitiva Chiesa di Gerusalemme. I pochi documenti storici di scrittori ebraici e latini, che accennano al cristianesimo (ma che mai nominano Gesù), comprendono: Le Antichità Giudaiche (o Storia dei Giudei) e La Guerra Giudaica di Giuseppe Flavio, ebreo, scritti in greco; gli Annali di Tacito, la Lettera di Plinio il Giovane e Le Vite dei Cesari di Svetonio, scritti in latino.
I Vangeli canonici
Sono ritenuti unanimemente il fondamento portante di tutto l'edificio cristiano. Sono quattro e almeno due di essi sono attribuiti agli apostoli che ne danno il nome: Matteo e Giovanni. Gli altri due, quello di Marco e di Luca, sono attribuiti a discepoli di Paolo. Vennero codificati solo nel IV secolo scartando gli altri ottanta e rotti Vangeli (gnostici ed apocrifi) che sino ad allora erano stati considerati validi, ma presentavano contenuti così diversi da non ammettere, in taluni casi, perfino l'esistenza fisica di Gesù, e di ignorare spesso anche la sua morte e resurrezione.
Si cominciò a scriverli alcuni decenni dopo la Crocifissione (dal 70 in poi) e la ragione della loro tarda stesura va spiegata nel fatto che agli apostoli e alla comunità primitiva dei cristiano-giudei, non passò minimamente per il capo di tramandare per iscritto le vicende di Gesù, in vista delle generazioni future, essendo loro costantemente in attesa del suo imminente ritorno.
Solo quando questo, col passare del tempo, mostrò di non verificarsi, si dovette rimandare nell’aldilà ciò che invano si era o atteso nell'aldiquà e nacque la fede in una storia salvifica prevista da Dio, mediante un'istituzione storica come la Chiesa, che aveva bisogno di fondare la sua dottrina su testi sacri.
Partendo dalla testimonianza di alcuni seguaci di Gesù, trasmessa in forma orale, sono nati, in ambienti ellenistici, i testi scritti in greco dai seguaci di Paolo di Tarso. Questi testi sono stati sottoposti nei primi secoli a continue e nuove formulazioni teologiche da parte dei Padri della Chiesa e del Concilio di Nicea e, posteriormente, a grossolane manipolazioni nella traduzione dal greco antico al latino e alle lingue moderne, che continuano tuttora, come abbiamo documentato in precedenza. Tutto ciò ha comportato la presenza nei Vangeli di molte contraddizioni e incongruenze, nonché di errori di carattere storico, geografico, politico ed etnografico che non li rendono attendibili. Infatti sulla loro scarsa attendibilità, Agostino, principe della patristica, non aveva dubbi al punto che dichiarava che la loro validità poggiava solo sull'autorità della Chiesa. Dimenticava però che la Chiesa, a sua volta, si fonda sulla tradizione evangelica. Insomma: il classico cane che si morde la coda!
Le manipolazioni dei Vangeli iniziarono fin dal tempo del vescovo Ireneo di Lione. Ce lo conferma Origene che parla di colleghi che egli chiama "correttori". La pratica fu poi seguita da Eusebio, Crisostomo, Agostino, Girolamo e tanti altri "padri", e fu recentemente confermata da papa Wojtyla con l'ammissione che certi passi dei Vangeli rivelano "una mano estremamente tarda"!
La Chiesa, avendo decretato che le Scritture debbono considerarsi ispirate da Dio, ha escluso ogni possibilità che possano essere soggette a verifiche critiche. Pietrificate nel passato, nel presente e nel futuro. Imbalsamate per l'eternità. Così ha sempre ostacolato un'indagine storico-critica sul cristianesimo. D'altra parte, essendo consapevole della quantità enorme di contraddizioni e di incongruenze presenti nei suoi testi sacri, è stata costretta a esigere una fede acritica in essi e a impedire ai suoi fedeli di avvicinarli in proprio.
Infatti, fin dai primi secoli della sua istituzione, ha severamente vietato ai fedeli lo studio, e perfino la sola lettura, dei libri canonici, e questo divieto lo ha codificato nel Sinodo di Tolosa del 1229 che dispose: «I laici non possono possedere i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento; possono avere solo il Salterio e il breviario o anche i calendari mariani, e nemmeno questi libri, per altro, devono essere tradotti nella lingua nazionale» (Can, 1-14). Solo di recente la moderna teologia storico-critica protestante, non più vincolata ai dogmi, ai giuramenti e agli imprimatur, è giunta a comprendere e a dimostrare che il cristianesimo, nel suo cammino attraverso i primi secoli della nostra èra, ha subito una radicale involuzione e che i Vangeli non sono storicamente attendibili ma sono, al contrario, dei romanzi mitologici.

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)