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giovedì 7 luglio 2016

Solo in tempi relativamente recenti è stata smascherata l'efferatezza del Vecchio Testamento. 268

La Bibbia, anche ai nostri giorni, per milioni di persone costituisce l'orizzonte insuperabile di ogni intelligenza umana. La sua presunta ispirazione divina, accettata ad occhi chiusi dagli ortodossi ebrei e cristiani, la rende il libro dei libri, quello che condensa tutta la sapienza umana e divina.

Ma per chi la legge senza i paraocchi della fede è tutt'altra cosa perché, assieme alle leggende mitologiche, agli avvenimenti storici e ad una pletora di leggi, precetti, divieti, spesso assurdi e irrazionali, contiene molti episodi decisamente atroci, crudeli e immorali che ci riempiono di orrore per la loro efferatezza, specie quando sono da attribuirsi alla diretta volontà divina.

Già nel 1800, ancor prima della riscoperta di Marcione, cominciarono ad affiorare in Occidente, severi giudizi negativi su questo testo sacro, che ne mettevano in risalto crudeltà e immoralità. Scriveva in quel periodo il libero pensatore e scrittore tedesco Albert Dulk (1819-1884): "... ...questo libro non è solo pieno di spirito vendicativo, animato da superstizione e ricolmo di ingiustizia e di lussuria! L‘intera storia degli Israeliti è piena di terribili crudezze, di molteplici infamie o, per usare un ‘espressione consentita dal materiale più diffuso nel Vecchio Testamento non solo per illustrarne la religiosità, ma anche la morale, pieno di fornicazione... Via dalle scuole un libro capace di insinuare nei cuori e nella fantasia della nostra gioventù siffatte immagini di assassinio e di infamia!"

E, più recentemente, il saggista americano Miner Searle Bates (1897 – 1978) scrisse: "I due Testamenti insieme hanno dato al prepotente, al devoto, al fazioso, al pedante, al burocrate, al predicatore e al sadico la possibilità di fornire l’apparenza di una giustificazione, e ciò vale fino ai nostri giorni".

Ciò spiega perché la Chiesa Cattolica, pur considerando i libri del Vecchio Testamento ispirati da Dio (affermazione ribadita anche dal Concilio Vaticano II del 1965), riconoscendo che in essi il contenuto è poco edificante per i suoi fedeli, ne ha, fin dal Concilio di Tolosa del 1229, scoraggiata la lettura diretta. Anzi, per molti secoli ne ha impedito addirittura sia la traduzione in lingua volgare, sia il possesso nella lingua originale, con punizioni severissime per i i trasgressori.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)