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giovedì 30 marzo 2017

Eusebio di Cesarea e il Testimonium Flavianum. 303

Fu Eusebio, nel IV secolo, a inserire nella sua "Historia Ecclesiastica" il Testimonium Flavianum che troviamo inserito dagli amanuensi ecclesiastici nei codici di Giuseppe Flavio da loro trascritti nel Medioevo.
Allo stesso tempo, visse Gesù, uomo saggio, se pure lo si può chiamare uomo; poiché egli compì opere sorprendenti, e fu maestro di persone che accoglievano con piacere la verità. Egli conquistò molti Giudei e molti Greci. Egli era il Cristo. Quando Pilato udì che dai principali nostri uomini era accusato, lo condannò alla croce. Coloro che fin da principio lo avevano amato non cessarono di amarlo. Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo; perché i Profeti di Dio avevano profetato queste e innumeri altre cose meravigliose su di lui. E fino ad oggi non è venuta meno la tribù di coloro che da di coloro che da lui sono detti Cristiani” (HEc. I 11,7/8). Questo è il brano, accreditato allo storico Giuseppe Flavio per testimoniare l'esistenza di Gesù Cristo, così come riportato nella "Historia Ecclesiastica" di Eusebio di Cesarea, scritta dal vescovo cristiano e ultimata dopo il Concilio di Nicea del 325 d.C..

Ma questo brano diffuso in tutto il mondo e in tutte le lingue dal tardo Medioevo in poi, risulta sconosciuto da tutti i Padri della Chiesa sino al IV secolo, l'epoca del vescovo. Ma che cosa spinse Eusebio a inserire nella sua opera questo brano? Semplicemente il fatto che avendo egli a disposizione tutte le opere dello storico ebreo, reperibili negli archivi imperiali di Nicomedia, non aveva riscontrato in esse alcun cenno né di Gesù né dei suoi portentosi miracoli, con immensa sua meraviglia, tenendo conto della meticolosa diligenza dimostrata dallo storico ebreo nel descrivere gli avvenimenti della Palestina del tempo di Gesù.

Ciò confermato anche da uno dei Dottori della Chiesa più famosi del III secolo: Orìgene Adamanzio di Alessandria, il quale, nella sua opera "Contra Celsum" (1,47), afferma di aver letto attentamente "Antichità Giudaiche" dello storico ebreo ma di non aver mai riscontrato alcun cenno in esse che riguardasse Gesù, al contrario di Giovanni Battista le cui vicende venivano ampiamente riportate nel XVIII Libro della stessa opera.

Una ulteriore conferma della affermazione di Origene venne fatta dal Patriarca di Costantinopoli, Fozio I il Grande (820-893), il quale nella sua imponente opera "Biblioteca" (Myriobiblion, "mille libri"), nell'epìtome dedicata allo storico ebreo, dichiara la sua delusione in merito all'assenza di notizie su Gesù, fornendo quindi una ulteriore dimostrazione che questa "testimonianza" fu aggiunta dagli amanuensi nei codici da loro trascritti in "Antichità Giudaiche" oltre due secoli dopo la morte di Fozio.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)