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venerdì 2 gennaio 2015

14 “L'invenzione del cristianesimo” - Parte prima. I seguaci di Gesù. 1

Nel Vangelo di Marco c'è un episodio, riferito all'inizio della vita pubblica di Gesù, che potrebbe farci credere che la sua famiglia non approvasse il suo apostolato messianico, anzi ne fosse totalmente contraria. Leggiamolo: "...Entrò (Gesù) in una casa e si radunò di nuovo intorno a lui molta folla...allora i suoi (familiari), sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: «è fuori di sé»..” (Marco 3,20-21). Anche nel Vangelo di Giovanni si afferma che i fratelli di Gesù "non credevano in lui" (Giovanni 7,5). L'episodio sopra citato, molto emblematico, smentisce categoricamente la presunta Annunciazione.
Com'è possibile che la Madonna, cui l'angelo aveva annunciato il concepimento nel suo grembo del figlio di Dio per opera dello Spirito Santo, fosse così all'oscuro dell'alta missione cui il figlio era stato predestinato, da vergognarsi di lui, ritenendolo fuori di testa, e cercare, con l'aiuto degli altri suoi figli, di fermarne l'apostolato? Come si vede le incongruenze dei Vangeli sono continue.
Durante la sua attività pubblica Gesù fu costantemente seguito da una turba di seguaci che comprendeva gente di ogni condizione sociale. Molti erano poveri e incolti, ma c'erano, saltuariamente, anche farisei e dottori. Egli accoglieva indiscriminatamente tutti, anche i pubblici peccatori, come i pubblicani e le prostitute. I dottori, gli scribi e i farisei, a detta dei Vangeli, lo trattavano con supponenza non avendo egli frequentato le loro scuole, e lo consideravano uno dei tanti rabbi improvvisati che sorgevano allora con una certa frequenza.
Secondo i costumi del tempo, predicava nelle sinagoghe di sabato, ove tutti potevano intervenire nelle discussioni, ma anche per le vie dei villaggi, negli spazi aperti e in riva al lago. Predicò quasi esclusivamente in Galilea e solamente nell’ultimo periodo della sua vita si trasferì a Gerusalemme.
È indubbio che tra i suoi seguaci più assidui ci fossero anche zeloti e sicari, allora considerati alla stregua odierna dei terroristi, perché Gesù assommava due caratteristiche: quella del Messia che aspirava alla liberazione di Israele e alla restaurazione del Regno di David, e quella esseno-ascetica che propugnava il ritorno integrale alla Legge, non tanto sotto l'aspetto formale, perseguito soprattutto dai farisei, quanto sotto quello etico spirituale.
Ben presto si costituì, attorno alla sua persona, un piccolo gruppo di fedelissimi che lo seguiva notte e giorno. Era gente umile e popolana, ma devotissima, che lo considerava un Messia. Nei Vangeli sono conosciuti come gli apostoli e le pie donne.
Su un punto di così grande importanza quale il numero e il nome degli apostoli ci sono grosse discordanze tra i Vangeli, specialmente tra i Sinottici e il quarto. In Giovanni sono assenti ben quattro apostoli che si trovano nei Sinottici: Bartolomeo, Matteo, Giacomo d'Alfeo e Simone lo Zelota.
Ma se teniamo conto che il suo ultimo capitolo, il XXI, è chiaramente un falso aggiunto posteriormente, gli apostoli assenti sono sei, perché bisognerebbe aggiungere anche Giacomo e Giovanni, citati solo in questo ultimo capitolo non per nome ma come figli di Zebedeo, senza chiarire chi era costui.
In compenso troviamo un apostolo mai citato dai Sinottici: Natanaele di Cana ed anche un apostolo anonimo e misterioso chiamato "il discepolo che Gesù amava", dalla Chiesa ritenuto, erroneamente come vedremo in seguito, l'apostolo Giovanni. Secondo lo studioso americano R. Eisenman (James the brother of Jesus, Penguin book, London, 1997) alcuni degli apostoli erano fratelli o parenti di Gesù a lui legati, oltre che dal vincolo di sangue, dalla comune militanza messianica.
Ma anche gli altri apostoli appartenevano al messianismo jahvista, cioè alla setta degli zeloti, considerati dai romani dei ribelli spietati e crudeli, alla guisa dei briganti. Le prove della loro appartenenza a questa setta, nonostante i tentativi di Paolo di occultarle demessinizzando Gesù, sono molteplici e trapelano in molti punti dei Vangeli.
Bisogna, però, saperle leggere tra le righe e analizzare i testi evangelici nelle versioni più antiche, non in quelle recenti nelle quali i soprannomi partigiani degli apostoli sono stati nascosti con traduzioni fuorvianti, o camuffati da falsi patronimici o da innocui aggettivi geografici.
Ci imbattiamo in questo caso in una delle manipolazioni ricorrenti in tutti e quattro i Vangeli, usata dalla Chiesa ancor oggi per nascondere ogni riferimento all'impegno messianico jahvista di Cristo e dei suoi discepoli, e quindi per eliminare le accuse della loro appartenenza alla pericolosa setta degli zeloti.
È il cosiddetto "meccanismo di censura" che consiste nel tradurre alcuni termini dei testi originari, scritti in greco, in modo totalmente falso e fuorviante da alterare la verità storica. Per aggirarlo, per capire cioè le vere identità dei discepoli della cerchia di Gesù, ritenuti combattenti, partigiani, per non dire terroristi, bisogna prima far riferimento ai testi evangelici nelle versioni più antiche (Novum Testamentum Graece et Latine, op. cit.) e, in un secondo tempo, analizzare questi nomi nella lingua aramaica nella quale i soprannomi partigiani risultano evidenti. 

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)