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giovedì 22 gennaio 2015

La Chiesa fece interamante proprie le istituzioni statuali dell'impero romano e legittimò un’illimitata bramosia di potere. 196

La Chiesa postcostantiniana adottò subito parecchie istituzioni statuali dell'impero romano e quasi tutti i principi giuridici. Sul modello delle assemblee provinciali romane la Chiesa sviluppò i Sinodi Provinciali e le Metropoli delle Provincie, nelle quali risiedeva il Metropolita, in qualità di Arcivescovo. Successivamente i Sinodi Provinciali si ampliarono diventando Concili,
cioè Assemblee di Vescovi di più Provincie. Ben presto assunse da Roma anche l’organizzazione centrale e periferica, il titolo di Pontifer Maximus per il Papa, e adottò dai sacerdoti pagani la stola. Infine, costruì il diritto canonico secondo il modello romano e ricalcò l’assoluzione nella confessione sul linguaggio delle formule tribunalizie. Insomma tutta la costituzione statuale romana ormai in decadimento si trasferì nella Chiesa.

Ma la Chiesa non si limitò a questo perché legittimò al proprio interno un’illimitata bramosia di potere per cui tutte le lotte della Curia con gli Imperatori non vertevano su questioni di fede, bensì di potere. Soltanto così poté soggiogare nel Medioevo l’intero Occidente, ottenendo quindi forti e oppressivi poteri mondani totalmente estranei allo spirito evangelico. In più di dieci i casi i papi comminarono l’interdetto a imperatori e re, e non meno di sei monarchi furono deposti o minacciati di deposizione.

Sotto Nicola I (856-867),che, secondo gli storici, comandava a re e tiranni «come se fosse il padrone dell’orbe terracqueo», il papato divenne un potentato mondiale. Gregorio VII, verso la fine deIl’XI secolo nel suo Dictatus Papae proclamò che «unicamente il Papa era in grado di confermare o di contestare imperi, regni, ducati, contee e in genere i possedimenti di tutti gli uomini, di darli e di toglierli, e il tutto sulla base dei meriti di ciascuno. Che solo al Papa tutti i Principi debbano baciare i piedi; che ad Egli é permesso di deporre gli Imperatori; che una Sua sentenza non possa essere riformata da alcuno; al contrario Egli può riformare qualsiasi sentenza emanata da altri; che Egli non possa essere giudicato da alcuno; che la Chiesa Romana non ha mai errato; né, secondo la testimonianza delle Scritture, mai errerà per l'eternità».



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)