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venerdì 6 febbraio 2015

24 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte prima. L'ultima cena.

L'entrata trionfale a Gerusalemme cavalcando l'animale profetizzato per il Messia, la cacciata dei profanatori del Tempio, la cena dell'unzione a Betania, e soprattutto l'ultima cena, furono gli avvenimenti più significativi degli ultimi giorni della vita di Gesù, che dovevano preludere all'inizio dell'insurrezione armata. La domanda più ovvia a questo proposito potrebbe essere: com'era possibile che un così sparuto gruppo di ribelli, sia pure appoggiato indirettamente da alcuni importanti capi dei giudei, come erano ritenuti Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea, osasse sfidare la potente guarnigione militare romana, acquartierata nelle Torre Antonia? Una sfida senza senso ai nostri occhi ed anche per le autorità del Tempio.
Ma i messianisti, nel loro delirante fanatismo, ragionavano in altro modo. Anzitutto s'aspettavano l'incondizionato appoggio delle masse popolari, sempre pronte a dare ascolto a chiunque si proclamasse Messia e a seguirlo fino al martirio (vedi il caso più clamoroso ricordato in precedenza, quello di Giuda il Galileo crocifisso con duemila seguaci), ma soprattutto erano convinti che Jahvè sarebbe intervenuto con le sue schiere celesti a dar man forte a chi, nel suo nome, lottava per dar vita al nuovo Regno di Dio.
Ciò premesso, vediamo cosa accadde nell'ultima cena. Per i Sinottici il fatto più saliente avvenuto durante questo convivio che avrebbe dovuto segnare l'inizio della rivolta, fu l'istituzione dell'eucaristia che essi descrivono plagiando le parole di Paolo che affermava, nella prima Lettera ai Corinzi (1 Corinzi 11, 23-29) di averla ricevuta direttamente dal Signore, durante una sua visione celeste. "Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga" (1 Corinzi 11,23-26). Parole identiche a quelle che troviamo nei Sinottici, scritti alcuni decenni dopo, copiando Paolo. Come spiegare allora che il quarto evangelista, che secondo la tradizione era un apostolo e quindi presente all'avvenimento, ignori totalmente l'istituzione dell'eucaristia, pur dedicando una maggiore attenzione, rispetto ai Sinottici, ad alcuni particolari importanti, come la lavanda dei piedi, ignorati dagli altri? In realtà, questo sacramento cristiano è una totale invenzione di Paolo. Egli, nella costruzione del suo cristianesimo personale che esamineremo in seguito, adottò la liturgia teofagica (consistente nel cibarsi della carne e del sangue di un dio immolato) a similitudine di quella praticata nei riti pagani in onore del dio Mitra e di altre divinità legate ai culti misterici, molto diffusi a Tarso, città natale di Paolo. Questo sacramento, nella teologia paolina rappresentava la natura sacrificale della morte di Gesù che Paolo vedeva nella stessa luce in cui i seguaci di Mitra e di Eracle vedevano la morte del Toro immolato.
La mistica transustanziazione (il cambiamento cioè del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore), per quanto puramente simbolica, non solo era del tutto estranea alle concezione ebraiche del tempo, ma addirittura ritenuta empia e blasfema. Prova lapalissiana che derivava dai riti misterici praticati dai gentili. Conclusa la cena, Gesù si recò coi suoi sul Monte degli Ulivi, che forse era il luogo convenuto per il raduno degli insorti. La contraddizione tra Giovanni e i Sinottici sul comportamento di Gesù nell'orto di Getsemani è assoluta. Mentre il Gesù sinottico, in preda ad uno stato di profondo abbattimento fino a sudar sangue, prega, faccia a terra, per rassegnarsi alla volontà divina, il Gesù giovanneo non mostra alcuna traccia di questa agonia e si comporta senza alcuna insicurezza umana. Sembrano due personaggi totalmente diversi.
La stessa contraddizione la noteremo al momento dell'arresto. Nei Sinottici è il bacio di Giuda a indicare Gesù ai suoi nemici; nel quarto Vangelo invece è Gesù che, con tranquilla sicurezza, affronta i soldati dicendo: “Sono io quello che cercate”.
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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)