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martedì 17 febbraio 2015

27- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte prima. La passione 3

Tornando a quella notte drammatica e convulsa, rileviamo che l'unico apostolo a seguire, alla lontana, Gesù dopo il suo arresto, malgrado fosse in grave pericolo a causa del suo intervento armato contro il servo del sommo sacerdote Malco, fu Pietro. L'episodio che concerne il suo ripetuto rinnegamento di essere un seguace del presunto Messia, merita due considerazioni.
1.Anzitutto, il fatto ch'egli poté, per intercessione di un altro discepolo, noto al sommo sacerdote ma che l'evangelista Giovanni rende anonimo, accedere al cortile della casa di Caifa. Chi era quel discepolo? La tradizione vuole che fosse lo stesso Giovanni che racconta il fatto, ma una supposizione del genere non regge minimamente.
Il personaggio in questione, per essere noto al sommo sacerdote e per aver libero accesso alla sua casa, doveva essere di Gerusalemme o dei dintorni della città, e rivestire un ruolo importante nell'ambiente del Tempio. Possiamo azzardare qualche nome: Giuseppe d'Arimatea o Nicodemo. I due sinedriti, che erano di indubbio spessore essendo riconosciuti nei Vangeli come capi dei giudei e chiaramente sostenitori di Gesù (li troveremo al momento della deposizione e della sepoltura), sono i candidati più plausibili.
2. La seconda considerazione che dobbiamo fare a proposito della presenza di Pietro nel cortile di Caifa è che, nell'accusa che i servi della casa gli rivolgono con insistenza, è ripetuto l'epiteto di Galileo. "Anche tu eri con Gesù, il Galileo", "Anche tu sei un Galileo". Termine che potrebbe sembrare a chiunque lapalissiano, indicare cioè la provenienza dalla Galilea. E invece non è così. Questo pseudo attributo geografico in realtà censura il vero significato del termine che significava, in quel tempo, "ribelle, zelota, sicario". Com'era nata questa attribuzione? In seguito al più pericoloso tentativo di rivolta messianica, avvenuta nel 7 d.C. in concomitanza col primo censimento della Giudea, cui abbiamo accennato più volte in precedenza.
Da allora il termine Galileo perse ogni sua connotazione geografica per acquisire il significato politico inequivocabile di appartenenza alla setta dei partigiani jahvisti, osannati dai messianisti come patrioti e considerato feroci briganti da tutti gli altri. La conferma ci viene, oltre che da Giuseppe Flavio, anche da Eusebio di Cesarea, Padre della Chiesa e storico ecclesiastico, che ci spiega come questo termine, ai tempi di Gesù, indicasse chi apparteneva alla setta degli zeloti (Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, IV, 23, 7, op. cit.). Da quanto detto risulta chiaro che nessun abitante della Galilea, uscendo dalla sua regione, si sarebbe definito Galileo per non incorrere in spiacevoli malintesi. Quindi, l'epiteto rivolto a Pietro dai servi di Caifa era un chiaro riferimento alla sua appartenenza agli zeloti.
Ma, tornando al processo giudaico, facciamo osservare che il primitivo Vangelo di Marco non lo conteneva, confermandoci che questo processo fu aggiunto posteriormente per spoliticizzare Gesù e scagionare i romani.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)