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venerdì 27 febbraio 2015

30 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte prima. La Passione. 6

Prima di concludere il nostro discorso sulla condanna a morte di Gesù, dobbiamo affrontare un'altra mostruosa assurdità sostenuta dai Vangeli e avvallata dalla Chiesa. Riguarda il ballottaggio tra Gesù e Barabba.
Se, a proposito di Barabba, chiedessimo ad un qualsiasi ecclesiastico chi era questo personaggio, ci sentiremmo rispondere, senza la minima esitazione: un brigante assassino.
Niente di più falso e lo dimostreremo con chiarezza. Le false notizie a proposito di costui riguardano tre aspetti: il suo vero nome, il motivo del suo arrestato e il motivo per cui fu liberato.
Cominciamo dal nome. Nella traduzione corrente del Vangelo di Matteo troviamo: "Avevano in quel tempo un prigioniero famoso… detto Barabba" (Matteo 27,16).
Ma è una traduzione che omette una parola importante. Il testo greco antico infatti recita: "" (Novum Testamentum Grece et Latine, E. Nestle, Stuttgart, 1957) che tradotto significa: "Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, Gesù Barabba".
Ecco che scopriamo il primo altarino: il cosiddetto Barabba si chiamava Gesù. Ma le traduzioni attuali ne censurano il nome. Come mai? Non è forse perché anche Gesù era chiamato nei Vangeli Jeshu bar Abbà cioè "Gesù il figlio del Padre" (sinonimo in ebraico di Dio) esattamente come Barabba? Data questa omonimia ci chiediamo perplessi: i Gesù erano veramente due o si trattava di una sola persona, sdoppiata in base al meccanismo di censura?
Chiarito il nome, cerchiamo ora il motivo per cui era stato arrestato. La solita traduzione fuorviante ci dice: "(Barabba)...era in prigione perché aveva preso parte ad una sommossa del popolo in città ed aveva ucciso un uomo" (Parola del Signore, Editrice LDC-ABU, Leumann, Torino, pag. 206).
A sbugiardare questa plateale manomissione ci pensa il testo originale di Matteo, già citato in precedenza (e confermato pure da Marco):
"", che va tradotto così: "Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, Gesù Barabba, il quale era stato messo in carcere in occasione di una sommossa scoppiata in città e di un omicidio" (Matteo 27, 16).
Marco è dello stesso parere: "Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio" (Marco 15,7). Quindi, entrambi questi evangelisti non dicono che Barabba fosse uno dei rivoltosi e un omicida, ci dicono soltanto che era stato arrestato in coincidenza di un tumulto, durante il quale era avvenuto un omicidio.
Ma ci fanno capire, tra le righe, che era totalmente estraneo ai disordini nei quali era stato coinvolto.
Esaminiamo ora il comportamento di Pilato.
Dopo aver condannati a morte sia Barabba che Gesù, sotto la pressione popolare, libera il primo, condannato a morte per un reato politico di sua pertinenza, e manda alla crocifissione (pena riservata ai ribelli politici) Gesù per un reato religioso di pertinenza esclusiva del sinedrio. Come possiamo spiegare un fatto così apertamente assurdo e contraddittorio?
Con l'ammettere che tutto si è svolto all'incontrario di quanto affermano i Vangeli. Barabba, prosciolto dall'accusa politica, ritenuta inconsistente anche dagli stessi Vangeli, viene liberato; Gesù, riconosciuto colpevole di insurrezione armata, reato politico gravissimo, viene condannato alla crocifissione.
A detta dei Vangeli la condanna a morte fu richiesta a furor di popolo. Le sorprese in questo processo non finiscono mai. Com'era possibile che la stessa gente che una settimana prima aveva acclamato esultante Gesù che entrava a Gerusalemme, col grido di "Osanna al di figlio di David, al re d'Israele", ora, la stessa folla, ne richiedesse con urla feroci la condanna a morte?
E che di fronte a Pilato che si lavava le mani per affermare, simbolicamente, la sua innocenza, gridasse imbestialita: "Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli" (Matteo 25,25), invocando su di sé e i suoi discendenti la più spietata automaledizione della storia?
È chiaro che una simile cosa non è mai potuta accadere e che questi avvenimenti sono stati inventati per la necessità ideologica dei Vangeli di far ricadere la colpa della condanna di Gesù esclusivamente su chi quella colpa non l'ha mai avuta, cioè il popolo ebraico.
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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)